Kairos: fine della globalizzazione? Energia, sanità e tech, le aree in cui ricercare autonomia produttiva
Lo scoppio del conflitto tra Ucraina e Russia ha portato in primo piano diverse riflessioni, di diversa natura. Anche in campo finanziario ed economico. Proprio perchè gli ultimi accadimenti storici hanno fatto emergere la distanza tra Europa, America e Asia, portando i tre blocchi geografici verso una maggiore indipendenza.
Secondo Larry Fink, alla guida del big dei fondi di investimento Blackrock, l‘invasione russa dell’Ucraina rimodellerà l’economia mondiale, mettendo la parola fine alla globalizzazione che abbiamo visto negli ultimi trent’anni. In particolare, in una lettera agli azionisti il ceo del più grande gestore patrimoniale del mondo sottolinea come d’ora in poi “le aziende e i governi guarderanno anche in modo più ampio alle loro dipendenze da altre nazioni. Ciò potrebbe portare le aziende ad effettuare più operazioni onshore o nearshore, con un conseguente ritiro più rapido da alcuni Paesi”. Un cambio di prospettiva di tale portata sarà, a suo dire, premessa per un’accelerazione dell‘inflazione.
Kairos e l’interrogativo: “È veramente la fine della globalizzazione?”.
Tematiche su cui si interrogano gli esperti. Ad esempio, quali settori l’Europa deve raggiungere la propria autonomia produttiva? È questo l’interrogativo da cui parte Riccardo Quagliotti, portfolio manager di Kairos, analizzando l’attuale scenario di mercato nella rubrica di Kairos “La parola a” “È veramente la fine della globalizzazione?“.
Due eventi disruptive ravvicinati, come la pandemia prima e il conflitto Russia-Ucraina poi, hanno fatto riemergere il tema della divisione del mondo, politico ed economico, in due grandi sfere di influenza. “Se con il Covid abbiamo visto un grande primo balzo verso una maggiore distanza tra Europa, America e Asia, purtroppo con l’ultima notizia del conflitto russo-ucraino stiamo assistendo ad un ulteriore allontanamento dei blocchi. Da un certo punto di vista, questo fenomeno sembra imporre una seconda grande accelerazione alla fine del processo di globalizzazione che ci sta portando verso una ricerca di indipendenza e di sovranità, soprattutto in alcuni settori già purtroppo molto ben delineati dalla pandemia: la sanità, l’energia e soprattutto l’indipendenza tecnologica”, spiega Riccardo Quagliotti, portfolio manager di Kairos, sottolineando che si sta quindi andando verso una maggior distanza, divisione e diffidenza tra i grandi blocchi, e “l’Italia sta mostrando una crescente preoccupazione di ritrovarsi un domani con relazioni pericolose che possono costare alla nostra area geografica una dipendenza che la rende vulnerabile”.
Secondo l’esperto di Kairos, questo fenomeno, da cui deriva una massiccia ridefinizione delle attività produttive, potrebbe essere la causa di un ulteriore aumento dell’inflazione. In particolare, Quagliotti sottolinea che nel breve termine, il fatto che diversi blocchi geografici molto grandi, tra Est, Ovest ed Europa, cerchino tutti di raggiungere una nuova indipendenza tecnologica, energetica e sanitaria, crea di fatto un’accelerazione negli investimenti che, in un momento di ridefinizione delle filiere produttive teso a nazionalizzare interi processi, può creare nel breve un ulteriore pressione inflattiva.
Allargando lo sguardo al medio/lungo periodo, c’è un aspetto positivo da considerare. “Sappiamo che la tecnologia, per sua definizione è deflattiva; quindi, se riusciamo a realizzare questo imponente spostamento di intere filiere (basti pensare per esempio ai semiconduttori o all’industria dell’auto), a tendere potremmo avere un’inflazione più contenuta – spiega l’esperto -. A questo si aggiunge che oggi il tema comune, in diverse società e in diversi settori produttivi, è quello della verticalizzazione completa di interi modelli che se prima prevedevano un ricorso abbondante all’outsourcing, adesso si stanno integrando in una sola filiera, rendendo quindi il produttore principale del bene o del servizio completamente indipendente o riducendone la dipendenza da controparti esterne”.
Il consiglio di Kairos in termini di settori in cui l’Europa dovrà cercare di affrancare maggiormente la sua autonomia ci sono quelli che sono già stati stressati dalla pandemia: ovvero legati alle energie, dove sicuramente l’Europa ha ulteriormente rafforzato i suoi obiettivi per la produzione di energia dal lato delle rinnovabili e soprattutto per ridurre le importazioni energetiche da aree che oggi vengono viste meno affidabili rispetto al passato; l’area tecnologica, per la produzione di semiconduttori e di batterie, così come l’utilizzo di materiali per la costruzione di veicoli elettrici che sostituiscano i motori attuali a combustione.
Non da ultimo, invita a considerare tutta la filiera che riguarda la costruzione di pannelli solari e di polisilicio per usi fotovoltaici e la costruzione di grossi stabilimenti di semiconduttori in alcuni Paesi europei. L’intento è quello di “dare all’Europa la possibilità di sviluppare tecnologie nel mondo semiconduttori considerate leading-edge e quindi di punta, per ridurre la dipendenza europea sia dai partner asiatici, ma anche dai partner americani”.