Il Covid spinge le emissioni di social bond, ma attenzione al socialwashing
Effetto Covid sul mercato dei social bond, che si è impennato a seguito della pandemia. Se prima i proventi di queste obbligazioni, la cui emissione è agganciata al raggiungimento di un determinato risultato sociale, erano stati utilizzati soprattutto per progetti di edilizia popolare e per la creazione di posti di lavoro, con la pandemia sono stati utilizzati per contribuire a mitigare gli impatti del coronavirus, come le forniture e le attrezzature mediche, la riabilitazione, le infrastrutture sanitarie, la ricerca e lo sviluppo di medicinali e vaccini, con emissioni che sono schizzate a 125 miliardi di euro nella seconda metà di ottobre contro i 35 miliardi di euro della fine del 2019. Un aumento enorme destinato a continuare anche dopo l’emergenza sanitaria. Ne è convinta l’esperta Jovita Razauskaite, Portfolio Manager Green Bonds di NN Investment Partners, secondo cui i social bond potrebbero diventare una valida opzione per gli investitori che desiderano spostare i loro portafogli verso un impatto sociale positivo non coperto dai green bond.
“La pandemia è tutt’altro che finita, e le preoccupazioni sociali che circondano la conservazione dell’occupazione e l’assistenza sanitaria rimarranno fondamentali per la ripresa – sottolinea Razauskaite – Alla luce di ciò, insieme agli alti livelli di interesse degli investitori, vediamo spazio per l’ulteriore espansione e diversificazione del mercato dei social bond”. In particolare, singoli governi ed enti sovranazionali, anche se attualmente si concentrano più sulle sfide ambientali che su quelle sociali, abbracceranno più facilmente questi strumenti. L’Unione europea per esempio si è recentemente unita alle fila degli emittenti di obbligazioni sociali, lanciato a ottobre il suo primo social bond in due tranche: un’obbligazione a 10 anni (per un massimo di 10 miliardi di euro) e una a 20 anni (7 miliardi di euro) per finanziare il programma Sure sull’occupazione nella zona euro. Ma anche gli emittenti corporate che desiderano affrontare questioni sociali fondamentali all’interno dell’impresa potrebbero cercare sempre più spesso finanziamenti attraverso i social bond.
Non solo. In risposta al crescente interesse per il finanziamento dei social bond, l’International Capital Market Association (ICMA) ha aggiornato i suoi principi (Social Bond Principles) lo scorso giugno e ha ampliato l’elenco delle categorie di progetti ammissibili e della popolazione target. La Commissione europea inoltre ha recentemente intrapreso i primi passi verso la creazione di una tassonomia sociale che integri la sua tassonomia verde, annunciando la formazione di un gruppo di lavoro sul tema. Un tale sviluppo potrebbe dunque incoraggiare ulteriormente una più ampia gamma di partecipazione al mercato per entrare in questo segmento.
Ma attenzione, perché con la continua crescita del mercato dei social bond, c’è anche il rischio del socialwashing, per cui gli emittenti non forniscono informazioni affidabili sui progetti e sulle performance sociali dei progetti, né allineano la loro emissione con una visione strategica a lungo termine per affrontare realmente gli aspetti sociali del loro core business. I social bond sono strumenti autoetichettati e, fino a quando la Commissione europea non pubblicherà la prima bozza della sua tassonomia dei social bond, una delle maggiori sfide per il mercato rimane la mancanza di un quadro standardizzato. Sebbene anche le obbligazioni verdi siano autoetichettate, questo mercato vanta ormai una serie di tassonomie più variegato e diffuso, mentre il mercato delle obbligazioni sociali ha solo i Social Bond Principles. Questa mancanza di standard chiari rende più difficile sia per gli emittenti che per gli investitori determinare l’idoneità e il successo dei progetti. “Continueremo a prestare molta attenzione al rapido sviluppo del mercato delle obbligazioni sociali e all’emissione di obbligazioni sociali, in quanto l’Ue sarà un emittente di primo piano nei prossimi anni, data la necessità di finanziare il suo Recovery Fund”, conclude l’esperta di NN Investment Partners.