PwC: PIL in crescita dell’1,2% con tutti i lavoratori in smart working
Il 35% di tutti i lavoratori italiani potrebbe usufruire dello smart working, data la struttura del nostro tessuto produttivo, rispetto all’effettivo 26% di lavoratori in smart working durante il lockdown e al solo 2% del 2019. Queste le percentuali che emergono da uno studio di PwC dedicato allo smart working che può ben tradursi in uno stimolo importante allo sviluppo economico del nostro Paese.
Lo studio di PwC sullo smart working
Nel dettaglio, sottolinea lo studio di PwC, a livello italiano si evidenzia un aumento della produttività di circa il +4% tra i lavoratori coinvolti nell’introduzione di progetti di lavoro agile. Sulla base di questi numeri e ipotizzando che questo aumento di produttività si traduca in un’equivalente crescita del valore aggiunto prodotto, l’Ufficio Studi PwC ha stimato che il PIL italiano potrebbe crescere fino a un +1,2% se tutti i lavoratori le cui mansioni lo permettono ricorressero allo smart working.
Il lavoro agile piace soprattutto ai giovani. Una ricerca PwC-Talents in Motion su un campione di giovani talenti dal profilo internazionale (di cui il 74% sotto i 35 anni e il 90% in possesso di una laurea o di un dottorato) ha confermato come questo sentiment sia particolarmente forte tra le giovani generazioni: il 69% degli intervistati ha dichiarato di voler lavorare in smart working da 1 a 3 giorni a settimana, il 15% addirittura 4-5 giorni, mentre solo il 2% vuole abbandonare il lavoro da remoto13.
Le difficoltà dello smart working
Certo, il fenomeno presenta numerosi risvolti e nei mesi di lockdown abbiamo imparato a conoscere anche le implicazioni negative di un modello che rende labile la distinzione tra vita privata e lavorativa. Una ricerca condotta da LinkedIn in collaborazione con l’Ordine degli Psicologi14 su 2000 italiani che durante il lockdown lavoravano in smart working ha evidenziato le difficoltà nel gestire lo stress (46%) e la concentrazione (26%), con problemi legati al sonno (27%) e alla salute mentale in generale (18%). Inoltre, per un lavoratore su due (48%) degli intervistati la flessibilità dello smart working si è tradotta in un aumento del carico di lavoro di almeno un’ora in più al giorno (equivalente a poco meno di tre giorni di lavoro in più al mese).
Da qui PwC sottolinea come la transizione verso un nuovo modello di lavoro e di sviluppo avverrà con successo solo se si saprà adottare uno sguardo inclusivo nei confronti delle fasce di popolazione che rischiano di soffrire più duramente gli effetti della crisi. Tra queste senza dubbio le donne. Moltissime durante il lockdown hanno avuto un sovraccarico di lavoro diventato quasi intollerabile a causa dell’impossibilità di separare il lavoro fuori e dentro casa. Il bonus babysitter è risultato di fatto contraddittorio con le misure del lockdown e congedo parentale straordinario, oltre che insufficiente a coprire le spese per la cura dei figli, soprattutto nelle famiglie più numerose e che hanno dovuto fare a meno del prezioso supporto dei nonni. In mancanza di efficaci supporti e in un quadro di incertezza del futuro, le donne madri si sono trovate e si troveranno molto probabilmente a decidere se lasciare il lavoro
Uno studio sugli impatti della pandemia, condotto su 1321 partecipanti provenienti da diverse zone d’Italia e pubblicato sulla rivista The Canadian Journal of Psychiatry, ha infatti messo in luce come la pandemia abbia esposto le donne a un rischio maggiore di depressione rispetto agli uomini.
Uno sguardo al futuro
Alla luce di tutto questo,scrivono da PwC, è evidente che lo smart working del domani dovrà assumere un carattere radicalmente diverso da quello sperimentato in questi mesi (più simile a un telelavoro costretto). L’adozione del lavoro agile potrà essere considerata un successo solo se coinciderà con un superamento delle barriere organizzative e culturali che oggi pesano negativamente sull’efficienza e sulla soddisfazione delle persone. Uno sguardo particolare alle esigenze delle donne lavoratrici può allora essere d’aiuto per garantire che siano mantenute le promesse di maggiore flessibilità e libertà insite in questo modello. Se non sarà così, infatti, lo smart working rischia di essere presto accantonato come un esperimento temporaneo.