Atlantia: CdP e i fondi Macquarie e Blackstone pronti all’offerta per 88% Autostrade. Ma l’opposizione insorge
Altro passo in avanti nel dossier Autostrade-Atlantia. Cassa depositi e prestiti (CdP) è pronta a presentare un’offerta, insieme ai fondi Blackstone e Macquarie, per la quota di maggioranza che Atlantia detiene in Autostrade. Il cda di CdP, riunitosi nella giornata di ieri, ha dato il via libera a CDP Equity “a procedere alla presentazione, insieme a Blackstone Infrastructure Partners e Macquarie Infrastructure and Real Assets, di un’offerta per l’acquisizione dell’88,06% di Autostrade per l’Italia detenuto da Atlantia”, recita la nota di CdP, arrivata in tarda serata.
Proprio in attesa dell’offerta, il cda di Atlantia ha deciso di aggiornare a oggi la seduta, stando a quanto emerso da fonti vicine alla holding della famiglia Benetton.
L’asse per rilevare la quota di controllo che Atlantia detiene tuttora in Autostrade è insomma pronto: al momento non sembra essere presente F2i che, secondo indiscrezioni filtrate dalla stampa, sarebbe dovuta essere presente nella cordata. I tre principali attori sarebbero invece, Cdp Equity, Blackstone e Macquaire.
Insieme, i soggetti – si legge nella nota di CdP, intendono proporre ad Atlantia la sottoscrizione, entro il 28 ottobre 2020, di un memorandum of understanding tra tutte le parti “che disciplini in dettaglio i principali termini e condizioni dell’operazione”.
Successivamente, “dalla data di firma del memorandum of understanding, e per circa 10 settimane CDP Equity, Blackstone e Macquarie effettueranno la due diligence ad esito della quale potranno rapidamente finalizzare un’offerta finale per l’acquisto della partecipazione in Aspi. Al riguardo, nell’ottica di continuare proficuamente le discussioni tra le parti, nell’offerta è stata, tra l’altro, rappresentata l’aspettativa degli offerenti che il Consiglio di Amministrazione di Atlantia rinvii l’Assemblea per la scissione già convocata per il 30 ottobre, che sottende un’operazione diversa da quella prospettata”.
Due giorni fa la ministra dei Trasporti e delle Infrastrutture Paola De Micheli si era espressa a favore della cordata con i fondi, ribadendo che il ruolo principale rimarrebbe nelle mani della Cassa depositi e prestiti, tanto che oggi Il Sole 24 Ore riporta che spetterebbe a CdP la nomina del presidente e dell’amministratore delegato.
Così la De Micheli:
“Credo che il modello che ha in testa Cdp ovvero da un lato avere partner italiani insieme a partner stranieri che rendono l’operazione più di mercato e dall’altra il fatto che Cdp abbia la governance e quindi la guida della più grande azienda concessionaria del nostro paese” sia una garanzia.
Ma l’opposizione ha già puntato il dito contro una intesa che prevede la partecipazione di fondi stranieri. In particolare, stando a quanto riportato dall’agenzia AGI, il deputato e responsabile nazionale Infrastrutture della Lega Edoardo Rixi ha criticato la cordata, affermando che “la trattativa su Aspi è in aperta contraddizione con quanto sempre dichiarato dall’esecutivo Pd-M5S che davanti agli italiani hanno sempre sbandierato di voler riportare sotto il controllo pubblico Autostrade, ma nei fatti stanno consegnando nelle mani di fondi esteri il 70% delle quote”.
In base a quanto si apprende, di fatto, riporta ancora il Sole 24 Ore, è vero che CdP sarà il principale investitore singolo, ma è vero anche che gli altri due fondi, Macquarie e Blackstone, avranno poco meno del 30% ciascuno della newco. All’operazione, va aggiunto, potranno partecipare, sebbene in una seconda fase, anche altri investitori italiani. Il Corriere della Sera scrive che “l’offerta ( su Autostrade) avviene attraverso una newco in cui Cassa Depositi deterrà il 40% e i fondi esteri, Blackstone e Macquarie l’altro 60% in maniera paritetica con dei patti parasociali che configurano la Cassa come socio di controllo del veicolo in modo da stabilirne i vertici”.
La presenza dei fondi insomma c’è: fattore che porta l’opposizione a lanciare nuovi affondi contro l’originale progetto di nazionalizzazione di Autostrade:
“Spero davvero che le notizie che abbiamo letto finora sulla trattativa tra Cdp e Aspi vengano smentite. Sembra confermato infatti che ad acquistare le quote di Aspi siano, in maggioranza, fondi stranieri come Blackstone e Macquarie, molto aggressivi dal punto di vista della gestione. Inoltre vorrei ricordare che dentro Aspi ci sono già soci Allianz e il Silk Road Fund“, ha dichiarato il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, stando a quanto riportato ancora dall’agenzia AGI. “Stiamo quindi mettendo la nostra principale infrastruttura autostradale nelle mani di fondi americani, australiani, cinesi e tedeschi. Non c’è patto di sindacato che esista, questo assetto non garantirà certo le risorse necessarie per ammodernare e sviluppare la nostra rete. Ma al Governo si stanno accorgendo di quanto sta accadendo?”.
A parte le polemiche che arrivano dal mondo politico, l’articolo del Corriere della Sera ammette che “a nessuno sfugge che assegnare la maggioranza di Autostrade ad investitori stranieri sia un attestato di attrattività del Paese, ma rischia di essere di corto respiro perché consegna un asset strategico come i 3 mila chilometri di tratte di Autostrade a due soci ingombranti (i fondi Macquarie e Blackstone) che potrebbero essere orientati a massimizzare i rendimenti nel breve-medio termine in una società che è sotto-capitalizzata e deve completare un piano di investimenti da 14,5 miliardi nei prossimi anni”.
Il timore insomma è quello di un investimento, da parte dei fondi, mordi e fuggi, anche se il Sole 24 Ore riporta che “al fianco di Cdp, dovrebbero schierarsi, come detto, alcuni soggetti italiani, quali le Casse di previdenza e Poste Vita“.
Il fondo inglese TCI di Atlantia non si arrende
Intanto, in queste ultime ore, si è mosso anche il l fondo inglese Tci, proprio il fondo guidato da Chris Hohn, lo stesso che si era opposto all’accordo tra il governo e Atlantia, e che aveva prospettato diverse opzioni per tutelare gli azionisti dal rischio di una distruzione del valore delle quote che detengono.
Tra queste, procedere subito con uno spin off di ASPI a tutti gli azionisti di Atlantia, per fare in modo che il prezzo lo determinasse il mercato e per assicurarsi che l’intero processo fosse “trasparente”, con un prezzo fair e non distruttivo di valore .
Dal fondo inglese TCI si era levata anche un’altra voce, con un messaggio ancora più forte, rivolto all’Italia intera:
“Il governo italiano deve agire in maniera trasparente nel fissare il prezzo di Aspi – aveva sottolineato il socio di TCI Jonathan Amouyal – il mondo sta guardando. Noi e altri investitori non metteremo più soldi in Italia se la fiducia dei mercati nell’ordinamento giuridico italiano non verrà ristabilita”. Proprio il fondo che si era eretto a paladino degli interessi degli azionisti è tornato sotto i riflettori nelle ultime ore aumentando la partecipazione detenuta in Atlantia oltre alla soglia rilevante del 10%, in vista della prossima assemblea dei soci della holding dei Benetton, in calendario il prossimo 30 ottobre. Obiettivo, salvaguardare per l’appunto il valore di Autostrade, che a suo avviso è incluso nel range compreso tra 11 e 12 miliardi di euro per il 100% del capitale.