Bar e ristoranti: il peso dell’affitto è triplicato nel post lockdown. Fipe, incentivi fiscali a chi riduce i canoni
L’affitto dei locali si mangia il 30% circa dei fatturati di negozi, bar e ristoranti, diventando la principale fonte di preoccupazione per i pubblici esercizi. Solo 8 mesi fa, prima della tempesta scatenata dal Covid-19, questa voce incideva per poco più del 10% sui loro bilanci. Lo denuncia la Fipe-Confcommercio, Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, spiegandone le cause: il settore è destinato a chiudere l’anno con una flessione del volume d’affari di 24,1 miliardi di euro, pari a circa il 27% in meno rispetto al 2019, mentre i canoni di locazione sono rimasti invariati.
“È evidente che le condizioni economiche che c’erano nel momento in cui sono stati stipulati i contratti, sono venute meno – spiega il direttore generale di Fipe-Confcommercio, Roberto Calugi –. Per questo servono incentivi fiscali per i proprietari di immobili disposti a ridurre temporaneamente i canoni delle locazioni commerciali”. Una proposta che potrebbe essere inserita dal governo del DL Agosto.
“Anche perché il mercato delle locazioni commerciali – sottolinea Luciano Sbraga, direttore del Centro studi – sta conoscendo una flessione senza precedenti: chi stipula oggi un nuovo contratto, beneficia di canoni più bassi fino al 15% rispetto a un anno fa e questo vantaggio se lo porta dietro per tutta la durata del contratto che solitamente è di 6+6 anni. Chi invece ne ha già uno in vigore, deve misurarsi con la disponibilità del proprietario a rinegoziare. In questo modo si creano imprese di serie A e di serie B, con evidenti squilibri di mercato. Da marzo a giugno ristoranti e bar hanno perso in un sol colpo il 67% dei loro fatturati, come è possibile che possano continuare a pagare lo stesso affitto di prima?”.