Liquidità: è parola d’ordine per le PMI nell’era di Covid-19
Convogliare la liquidità alle Pmi per uscire dalle secche di questa crisi senza precedenti, superarla e tornare in carreggiata. Questo il messaggio principale che emerge dal nuovo ‘Rapporto Regionale PMI 2020’, realizzato da Confindustria e Cerved, in collaborazione con SRM- Studi e Ricerche per il Mezzogiorno. Il punto di partenza dell’analisi è lo stato di salute di 156 mila società italiane che, impiegando tra 10 e 249 addetti, rientrano nella definizione europea di piccola e media impresa e costituiscono l’ossatura della nostra economia. Con più di 93 mila società, il Nord è l’area con la maggiore concentrazione di PMI. Questo aggregato produce un valore aggiunto pari a 224 miliardi di euro: il 39% è prodotto da PMI localizzate nel Nord-Ovest, il 28% nel Nord-Est, il 18% del Centro e il restante 15% del Mezzogiorno.
Ancora alle prese con il recupero della precedente crisi…
La fotografia scattata mette subito in evidenza un punto: la lenta ripresa con cui le PMI italiane stavano recuperando le profonde ferite della recessione del 2009 aveva esaurito la sua spinta già prima del Covid-19, senza dubbio uno shock economico senza precedenti per l’economia italiana. Nel 2019 la natalità è tornata a calare, il numero di PMI fallite è risultato di nuovo in aumento e i tassi di crescita dei ricavi si sono più che dimezzati. E su questo debole terreno debole si è innestata l’emergenza sanitaria da Covid-19, che, rimarcano nel rapporto, avrà un impatto senza precedenti sui conti delle PMI, sulla liquidità e sul grado di rischio economico-finanziario.
Gli impatti
Secondo tutti gli istituti di ricerca nazionali e internazionali, il Covid-19 produrrà impatti sull’economia senza precedenti, superando gli effetti della recessione del 2009, fin qui la peggiore dal secondo Dopoguerra per l’Italia. Entrando più nel dettaglio, per la valutazione dell’impatto dell’emergenza sul sistema italiano di PMI è stato utilizzato il modello predittivo di Cerved, che si fonda su un’analisi settoriale molto granulare, relativa all’andamento delle vendite di oltre 1.500 settori dell’economia italiana.
In base a questo modello, si prevede che il fatturato delle PMI italiane mostrerà una flessione del 12,8% nel 2020, con un rimbalzo nel 2021 dell’11,2%, insufficiente per ritornare oltre i livelli del 2019. A conti fatti, questo si tradurrà in una perdita di 227 miliardi di fatturato nel biennio 2020-21 rispetto a uno scenario tendenziale di lenta crescita delle vendite. In caso di nuove ondate del Covid-19, si legge nel rapporto, la contrazione dei ricavi potrebbe peggiorare con una stima pari a -18,1% per l’anno in corso (+16,5% nel 2021), con minori ricavi che sfioreranno i 300 miliardi di euro per le PMI analizzate nel biennio di previsione. Quello che è certo è che gli impatti saranno fortemente asimmetrici a seconda dell’attività dell’impresa: le previsioni sono di shock maggiori per i settori più penalizzati dalle norme sul distanziamento sociale, dalla riduzione della mobilità, dagli effetti sul commercio internazionale.
Forti conseguenze anche a livello di redditività, con una riduzione stimata di circa il 40% dei margini lordi per le PMI tra 2020 e 2019, con differenze di pochi punti percentuali tra le regioni esaminate. Anche dopo il rimbalzo del 2021, i margini rimarranno inferiori di quasi dieci punti rispetto ai livelli del 2019.
Liquidità, la parola d’ordine
Alla luce di questo scenario, il rapporto mette in evidenza come molte PMI avranno bisogno di forti iniezioni di liquidità per superare il 2020, con conseguenze sulla loro struttura finanziaria. Un’analisi condotta sui bilanci delle PMI indica che più di un terzo delle 156 mila società analizzate (60 mila unità secondo lo scenario base e 70 mila in caso di una nuova ondata di contagi dopo l’estate) potrebbero entrare in crisi di liquidità nel corso del 2020 per effetto del Covid-19; sarebbero necessari tra i 25 e i 37 miliardi di euro per superare questa fase, evitando costi sociali molto importanti, con 1,8 milioni di lavoratori impiegati nelle PMI con potenziali problemi di liquidità. Anche in uno scenario più pessimistico, di un nuovo lockdown in autunno, il rapporto di Confindustria e Cerved spiega che le dotazioni dichiarate dal Governo nell’ambito del Decreto Cura Italia (80 miliardi presso il Fondo Centrale di Garanzia più 30 miliardi di dotazione per le PMI presso Sace) sono dunque ampiamente sufficienti per coprire i fabbisogni delle PMI.
Bisogna considerare che i dati indicano che, al termine di questa fase “emergenziale”, la forbice tra le PMI del Nord e quelle del Sud è destinata ad aumentare. Alla fine della crisi, gli squilibri regionali potrebbero ulteriormente ampliarsi: in sostanza, l’emergenza sanitaria dovrebbe produrre maggiori effetti sui conti economici delle PMI che operano nel Nord, ma lasciare ferite più profonde nel Mezzogiorno, in termini di struttura finanziaria e di capacità di rimanere sul mercato.
Secondo Confindustria e Cerved, è necessaria una decisiva svolta di policy. Una vera ripartenza è attesa nei prossimi mesi e dovrebbe considerare la prosecuzione (quanto meno degli effetti) delle misure a sostegno della liquidità delle imprese adottate nei mesi scorsi. “Interventi che, oltre a promuovere gli investimenti, siano auspicabilmente anche di carattere strutturale, capaci di affrontare i nodi e le criticità della dimensione d’impresa in una logica di politica industriale e di coesione territoriale, rilanciando l’economia del Paese”, rimarcano nel report.