Recovery Fund sì o no? Europei delusi: il 57% ha subito perdite, servono più risorse dalla Ue
In attesa del Recovery Fund, gli europei si dicono delusi della solidarietà dimostrata da alcuni Stati membri e chiedono più risorse per la Ue in modo da affrontare al meglio la crisi innescata dal Covid-19. E’ ciò che emerge da un sondaggio commissionato dal Parlamento europeo. D’altronde, il 57% dei cittadini europei afferma di aver dovuto far fronte a difficoltà finanziarie personali in questi mesi, con al primo posto la “perdita di reddito”.
Data la preoccupante situazione economica, si attendono con impazienza le decisioni sul pacchetto per la ripresa. Venerdì iniziano i lavori del Consiglio europeo sul Recovery Fund che termineranno sabato, ma un accordo appare ancora lontano. La stessa Christine Lagarde, numero uno della Bce, ha smorzato le aspettative dichiarando nei giorni scorsi in una intervista al Financial Times: “Non scommetterei tutto sul 18 luglio”.
Intanto la maggioranza dei cittadini europei non è contenta della solidarietà tra gli Stati membri dell’Ue: più della metà degli intervistati in tutta l’Ue (53%) si dice insoddisfatta della solidarietà dimostrata tra gli Stati membri dell’Unione durante la pandemia e solo il 39% dei cittadini europei in media si dichiara soddisfatto.
“I risultati di questo sondaggio mostrano chiaramente che i cittadini europei si aspettano che l’Unione dia prova di maggiore solidarietà e intraprenda più azioni per favorire la ripresa – ha commentato il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli – Riconoscono anche la necessità di un bilancio Ue più ampio per affrontare l’impatto senza precedenti che la pandemia ha avuto sulla nostra economia e società”.
L’Italia (ma non solo) chiede più Europa per affrontare la crisi
Quasi otto cittadini italiani su dieci (78%) vorrebbero un ruolo più incisivo dell’Ue nella lotta alle conseguenze del Covid-19. Un dato decisamente più alto della media europea (68%) e che vede l’Italia al settimo posto nella classifica dell’opinione pubblica che chiede più Europa nello sforzo per la ripresa. Più della metà degli intervistati italiani (64%) ritiene inoltre che questa richieda maggiori mezzi finanziari per l’Ue, che dovrebbero essere diretti principalmente ad affrontare l’impatto della pandemia sul settore sanitario e sull’economia. Anche in questo caso gli italiani sono più ambiziosi della media dei concittadini degli altri stati membri (56%).
Allargando lo sguardo agli altri paesi, l’opinione di una Ue più solidale e attiva nella ripresa post-Covid è sostenuta da una maggioranza assoluta in 26 Stati membri. I paesi più a favore di maggiori competenze dell’Unione sono il Portogallo e il Lussemburgo (entrambi 87%), Cipro (85%), Malta (84%), l’Estonia (81%), l’Irlanda (79%), l’Italia e la Grecia (entrambi 78%), nonché la Romania (77%) e la Spagna (75%).
Sanità in testa alle priorità, ma in Italia preoccupa di più la ripresa
Alla domanda su quali settori politici dovrebbero beneficiare maggiormente di un bilancio dell’Unione più consistente, la sanità pubblica si colloca in cima alla lista delle priorità dei cittadini europei. Il 55% degli intervistati ritiene che la spesa per la sanità pubblica sia di primaria importanza: risulta infatti al primo posto in 17 Stati membri dell’Unione. Seguono la ripresa economica e le nuove opportunità per le imprese (45%), l’occupazione e gli affari sociali (37%) nonché la lotta al cambiamento climatico (36%).
In Italia (58%), Slovenia (55%) e Lituania (54%), il finanziamento della ripresa economica si situa al primo posto. Nella lista delle priorità dei cittadini italiani figurano infatti la ripresa economica, seguita solo al secondo posto dalla sanità pubblica e dagli investimenti in ricerca e innovazione. Perdita di reddito, consumo dei risparmi accumulati nel tempo e disoccupazione sono le tre principali conseguenze economiche della pandemia indicate dagli intervistati in Italia.
Infine, i cittadini austriaci (48%) e danesi (45%) considerano come priorità dell’Ue la lotta ai cambiamenti climatici. Quelli slovacchi (63%), croati (58%) e finlandesi (46%) l’occupazione e gli affari sociali.