MES vs emissione Btp, i conti in tasca all’Italia e un dilemma da almeno 7 miliardi
Quando servono dei soldi a prestito il calcolo degli interessi che si andranno a pagare è di primaria importanza. Come ha spiegato recentemente Lorenzo Bini Smaghi, economista ed ex membro del Comitato esecutivo della Bce, come in tutte le famiglie se serve un prestito si sceglie la soluzione che conviene di più. “Nel confronto tra Mes e l’emissione titoli di Stato, basta guardare cosa conviene di più – ha argomentato l’economista – . Alle condizioni attuali il Mes è sostanzialmente un prestito a tasso vicino allo zero, il Btp no. Il dibattito fino ad oggi è stato lontano dalla concretezza e molto ideologico. Senza considerare che paesi come Grecia, Spagna o Portogallo, che sono passati sotto le forche caudine del Mes, adesso lo vogliono ancora e non penso siano dei sadomasochisti”.
Dal punto di vista puramente contabile, decidere se accedere o meno al MES risulta in apparenza molto semplice soprattutto per chi ad oggi paga lauti interessi sul debito. E’ il caso dell’Italia che nonostante gli acquisti record di Btp in questi mesi da parte della Bce vede lo spread Btp-Bund viaggiare nei pressi dei massimi annui e il rendimento del titolo decennale viaggia non lontano dalla soglia del 2%.
I calcoli di Regling
Il direttore generale del Mes, Klaus Regling, ha fatto due rapidi conti considerando i diversi tassi di interesse che i paesi pagano sul debito. Come risaputo, le regole del MES senza condizionalità, legato alle spese sanitarie, prevedono che tutti i Paesi possono ricevere il 2% del proprio Pil con un prestito di durata decennale. “Ognuno può calcolare i vantaggi – dice Regling in un’intervista concessa a varie agenzie stampa internazionali tra cui l’Ansa – . Per la Spagna, che ha un tasso appena sotto l′1%, il risparmio sarebbe di 200 milioni di euro all’anno, che in dieci anni sarebbero 2 miliardi. Se si fa il calcolo per l’Italia, sarebbero 7 miliardi, perché i tassi d’interesse sono più alti”.
Calcoli analoghi fa Massimo Bordignon, membro dell’European Fiscal Board, che in un articolo pubblicato su Lavoce.info indica come confrontando i tassi che attualmente paghiamo sui titoli pubblici emessi a 10 anni (vicino al 2 per cento) e il tasso richiesto dal prestito Mes (inferiore allo 0,5%), se l’Italia prendessea prestito tutti i 36 miliardi disponibili, risparmierebbe tra i 500-700 milioni all’anno di interessi, ossia 5-7 miliardi in 10 anni.
Ammontare dei risparmi che si basa sullo status quo, con il rischio che l’evoluzione dei tassi di rifinanziamento nei porssimi mesi e anni renda ancora più costo per l’Italia emettere nuovi strumenti di debito.
Anche le condizioni future hanno un ‘costo’
Resta però la questione delle tre condizioni, esplicate nel comunicato stampa dell’Eurogruppo dell’8 maggio e che tanto stanno facendo discutere in Italia ormai da diverse settimane. Nel dettaglio:
1) Il finanziamento deve essere utilizzato per spese “dirette e indirette di salute pubblica, cura e prevenzione legate alla crisi Covid-19”;
2) Durante l’emergenza, la sorveglianza e il reporting dei paesi che richiederanno accesso alla linea di credito saranno “commensurati allo shock subito”;
3) Finita l’emergenza, i paesi membri si impegnano a rinforzare i loro fondamentali economici e finanziari, in linea con i criteri di “coordinamento e di sorveglianza dell’UE”.
La nuova linea di credito dovrebbe essere disponibile già a partire dal 1° giugno 2020 e sarà accessibile fino a tutto il 2022, benché sia già previsto che – se necessario – la data finale potrà essere spostata ulteriormente in avanti.
“Un prestito non è un regalo e come tale implica un equilibrio tra benefici e costi – asserisce Alessandro Tentori, CIO AXA IM Italia – Sta alle due parti negoziare le condizioni del prestito in maniera soddisfacente. In teoria, la condizione sufficiente richiede che il valore presente sia uguale per entrambe le parti. A mio avviso, la linea di credito del MES è un deal soddisfacente, nel senso che trova un equilibrio tra il costo del funding e il “costo” di condizioni future. Qualora queste condizioni non fossero più accettabili, un paese membro potrebbe sempre scegliere di emettere l’ammontare equivalente sul mercato – probabilmente pagando una cedola più alta – per ripagare integralmente il debito contratto con il MES”.