Italia rischia maximulta da 2 miliardi per debiti e ritardi pubblica amministrazione
L’Italia rischia di dover pagare una maximulta da 2 miliardi di euro a causa dei ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica amministrazione (Pa). A sollevare questo timore è stata la Cgia di Mestre in seguito alla sentenza di condanna emessa a fine gennaio dalla Corte di giustizia europea nei confronti dell’Italia. Stando a quanto hanno dichiarato nei giorni scorsi alcuni esperti, i sistematici ritardi della Pa potrebbero far scattare una maximulta come quella ricevuta per le quote latte che, fino ad ora, è costata al paese circa 2 miliardi. “Tutto questo potrà essere evitato se lo Stato italiano metterà fine in tempi rapidissimi a questa cattiva abitudine – spiega il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo – Ipotesi, viste le performance realizzate nel 2019, difficilmente attuabile”.
Secondo i dati riportati nella Relazione annuale 2018, presentata dalla Banca d’Italia, l’ammontare complessivo dei debiti commerciali della pubblica amministrazione sarebbe pari a circa 53 miliardi di euro, metà dei quali ascrivibili ai ritardi di pagamento. Anche nel 2019 i ritardi nei pagamenti dello Stato e delle sue articolazioni a livello locale sono stati molto diffusi. Se la direttiva europea impone, nelle transazioni commerciali tra PA e imprese private, termini di pagamento non superiori a 30 o 60 giorni (in quest’ultimo caso solo per il settore sanitario), l’anno scorso, ad esempio, il Comune di Napoli ha liquidato i propri fornitori con 395 giorni medi di ritardo, il Comune di Reggio Calabria con 146, la Regione Basilicata con 83, il Comune di Roma con 63.
Situazioni, queste ultime, che saranno estremamente difficili da azzerare in tempi ragionevolmente brevi, secondo la Cgia. Senza contare che nel settore della sanità e in quello delle costruzioni i ritardi, rispetto ai tempi massimi di attesa previsti dalla legge, vengono superati, secondo le rilevazioni effettuate dalle associazioni imprenditoriali di questi settori, rispettivamente di 39 e di 73 giorni di media.
Perché la PA paga in ritardo ?
Le principali cause che hanno dato origine a questa abitudine, secondo la Cgia di Mestre, sono
– la mancanza di liquidità da parte del committente pubblico;
– i ritardi intenzionali;
– l’inefficienza di molte amministrazioni a emettere in tempi ragionevolmente brevi i certificati di pagamento;
– le contestazioni che allungano la liquidazione delle fatture.
A queste ragioni ne vanno aggiunte almeno altre due che, tra le altre cose, hanno indotto la Corte di Giustizia europea a condannare l’Italia nelle
scorse settimane. E cioè:
– la richiesta, spesso avanzata dalla PA nei confronti degli esecutori delle opere, di ritardare l’emissione degli stati di avanzamento dei lavori o l’invio delle fatture;
– l’istanza rivolta dall’Amministrazione pubblica al fornitore di accettare, durante la stipula del contratto, tempi di pagamento superiori ai limiti previsti per legge senza l’applicazione degli interessi di mora in caso di ritardo.