Notiziario Notizie Altri paesi Europa Bce: esposizione famiglie verso debiti sovrani in calo, smobilizzi soprattutto dall’Italia

Bce: esposizione famiglie verso debiti sovrani in calo, smobilizzi soprattutto dall’Italia

6 Febbraio 2020 14:29

Negli ultimi cinque anni, le famiglie italiane hanno tagliato la loro esposizione verso i titoli di vario tipo. Un trend che contrasta con quello che ha interessato, invece, l’Eurozona nel suo complesso, soprattutto la Germania. E’ quanto è emerso dal bollettino della Bce.

“A livello dell’area dell’euro, nei cinque anni che vanno dal primo trimestre del 2014 al primo trimestre del 2019, le consistenze totali in titoli detenute dalle famiglie sono lievemente aumentate, passando da 3.539 a 3.707 miliardi di euro. Tale incremento è stato in prevalenza trainato dalle famiglie tedesche, le cui disponibilità in titoli sono cresciute di 246 miliardi di euro.

Al contempo, le consistenze detenute in Italia sono diminuite di 223 miliardi, mentre le variazioni relative agli altri paesi dell’area sono state più contenute. 

In generale, le famiglie hanno mostrato un atteggiamento che si potrebbe definire patriottico, visto che in tutti i casi di strumenti finanziari, sono stati preferiti quelli, azioni o bond, emessi da soggetti residenti nella nazione di appartenenza.

Nel bollettino si legge, infatti che, “per tutti gli strumenti e per la maggior parte dei paesi, la quota più ampia dei titoli detenuti risulta emessa da residenti dello stesso paese e ciò può essere considerato una prova dell’esistenza del cosiddetto ‘home bias’.

Nei maggiori paesi dell’area dell’euro, per le azioni quotate tale predilezione degli investitori per le attività nazionali tende a essere più spiccata in Francia e in Spagna e meno pronunciata in Italia. Per quanto riguarda i titoli di debito, vi è una netta preferenza per quelli nazionali in Italia, dove il 75 per cento delle consistenze è costituito da titoli emessi da residenti italiani (in calo rispetto all’83 per cento del primo trimestre del 2014)”.

“Anche altri fra i maggiori paesi dell’area dell’euro evidenziano una quota elevata di disponibilità detenute in titoli nazionali, sebbene in misura minore”.

IN CINQUE ANNI SCESO VALORE TITOLI DI DEBITO DETENUTI DA FAMIGLIE AREA EURO

Facendo riferimento al tipo di strumenti finanziari detenuti dalle famiglie, la Bce mette in evidenza la minore propensione ad acquistare titoli di debito.

“Tra il primo trimestre del 2014 e il primo trimestre del 2019 il valore dei titoli di debito detenuti dalle famiglie dell’area dell’euro è sensibilmente diminuito, riflettendo in ampia misura le vendite nette realizzate dalle famiglie (in contrapposizione alle variazioni di prezzo) in un periodo caratterizzato da ingenti acquisti di titoli di debito da parte dell’Eurosistema nell’ambito del programma di acquisto di attività (PAA).

Le vendite sono state soprattutto trainate dalle famiglie italiane, che hanno notevolmente ridotto le proprie disponibilità in titoli di debito, sebbene tali consistenze siano comunque rimaste di gran lunga superiori a quelle detenute dalle famiglie negli altri paesi europei. Le istituzioni finanziarie monetarie (IFM) e il governo italiano rappresentano gli emittenti principali di tali titoli. La complessiva riduzione delle disponibilità in titoli di debito emessi al di fuori dell’area dell’euro è stata in larga parte riconducibile a un netto calo, pari a 22 miliardi di euro, delle consistenze di titoli di debito del Regno Unito”.

A fronte degli smobilizzi di titoli di debito, le famiglie dell’Eurozona hanno puntato sulle quote di fondi di investimento.

Nel bolletino della Bce si legge, infatti che, “in concomitanza con i disinvestimenti in titoli di debito, nell’arco di cinque anni le famiglie dell’area dell’euro hanno acquistato, su base netta, quote in fondi di investimento per 402 miliardi di euro. Dal momento che nello stesso periodo anche i prezzi di tali titoli sono aumentati in misura significativa, il portafoglio delle quote in fondi di investimento detenute dalle famiglie è complessivamente cresciuto di 598 miliardi di euro. Tale incremento è in larga parte ascrivibile alle famiglie tedesche, spagnole e italiane, mentre le famiglie francesi hanno evidenziato una lieve tendenza a disinvestire. Le consistenze di quote in fondi di investimento costituiti al di fuori dell’area dell’euro sono rimaste molto contenute (solo 12 miliardi di euro nel primo trimestre del 2019)”.

Che dire, invece, dell’esposizione verso l’azionario?

“Tra il primo trimestre del 2014 e il primo trimestre del 2019, il valore delle azioni quotate detenute dalle famiglie dell’area ha subito un’espansione. Tale andamento, tuttavia, è un riflesso dell’aumento dei prezzi verificatosi nel periodo, al netto del quale si sarebbero registrate vendite nette delle azioni quotate. Gli incrementi di prezzo sono stati determinati soprattutto dalle azioni emesse dalle società non finanziarie. Nel periodo in esame, al contempo, il valore delle disponibilità in azioni emesse dalle IFM ha segnato una lieve contrazione, causata sia dal calo dei prezzi sia dalle vendite realizzate dalle famiglie dell’area dell’euro. Nello stesso periodo le consistenze in azioni quotate emesse da non residenti nell’area sono pressoché raddoppiate, sia in ragione degli acquisti netti sia degli incrementi di prezzo. Tale aumento è stato particolarmente evidente per le disponibilità di titoli emessi da residenti statunitensi e svizzeri, cresciute nell’insieme di oltre 40 miliardi di euro La ricchezza netta detenuta delle famiglie nell’area dell’euro è pari a circa sette volte il reddito disponibile annuo, il che evidenzia l’importanza della ricchezza nelle risorse economiche delle famiglie. 

A tal proposito, nel report della Bce si legge “che la ricchezza netta delle famiglie è aumentata notevolmente, passando da circa il 550 per cento del reddito disponibile nel 2002 a circa il 700 per cento nel 2007, dopo essersi mantenuta sostanzialmente stabile nel periodo tra il 2000 e il 2001, quando l’esplosione della bolla tecnologica e gli attentati terroristici di settembre 2001 hanno notevolmente frenato la crescita della ricchezza finanziaria. L’aumento della ricchezza netta tra il 2002 e il 2007 ha rispecchiato per lo più le forti dinamiche del mercato degli immobili residenziali e gli aumenti dei prezzi delle abitazioni registrati in diversi paesi durante questo periodo, che hanno comportato un netto aumento del patrimonio immobiliare, finanziato in parte dall’aumento del debito. In seguito, con l’esplosione della crisi finanziaria mondiale e l’aumento delle preoccupazioni in merito alla sostenibilità dei livelli prevalenti dei prezzi delle attività e all’indebitamento del settore privato, la ricchezza netta delle famiglie quale percentuale del reddito disponibile è diminuita in modo significativo, riflettendo il calo della ricchezza sia finanziaria sia immobiliare. Tra la metà del 2008 e l’inizio del 2009, il calo della ricchezza netta delle famiglie è stato pari a 1.700 miliardi di euro. Dopo il rafforzamento dell’economia e la ripresa dei prezzi delle attività, la ricchezza netta è leggermente aumentata nel periodo 2009-2010, prima di diminuire nuovamente nel contesto della crisi del debito sovrano in Europa quando, tra la metà del 2011 e l’inizio del 2013, ha subito una contrazione di circa 500 miliardi di euro. Dal 2013 la ricchezza netta delle famiglie è aumentata costantemente e, a metà del 2019, si è attestata al 710 per cento del reddito disponibile”.