Più tempo per sciogliere il nodo MPS, Tesoro continua a trattare con UE sugli Npl
Qualche settimana in più per sciogliere il nodo Mps. Il Tesoro ha concordato con l’Unione Europea più tempo per la presentazione del piano di uscita da MPS, il cui termine ultimo era fine 2019. I servizi della Commissione europea e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, su richiesta delle autorità italiane, “hanno concordato di posticipare all’inizio del 2020 la presentazione del piano di dismissione della partecipazione del Ministero nella Banca Monte dei Paschi, alla luce e in linea con l’interlocuzione in corso in merito a un’operazione di derisking della banca”, recita una nota diramata ieri sera dal Tesoro.
E’ infatti in corso una trattativa tra il Tesoro, principale azionista di Banca Mps con il 68% del capitale, e la Commissione europea, per liberare la banca senese di gran parte dei suoi crediti deteriorati senza infrangere le regole sulla Concorrenza Ue.
Al lavoro per cedere pacchetto di Npl
Il team guidato dal ministro dell’Econimia, Roberto Gualtieri, lavora a un piano che prevede la cessione di crediti deteriorati – si parla di un ammontare di circa 11 miliardi di euro, che rappresenta un passaggio propedeutico per una successiva fusione con un altro istituto. L’operazione vedrebbe protagonista Amco, la ex Sga partecipata al 100% dal Tesoro e che è stata da poco ricapilizzata per un miliardo di euro. I crediti deterioratistando alle ultime indiscrezioni di Repubblica, sarebbero rilevati a un prezzo pari a circa il 30% del valore nominale, quindi fino a 3,9 miliardi, creando uno sbilancio tra 1 e 1,5 miliardi nei conti della banca senese. Si andrebbe così a creare una situazione che vedrebbe il Tesoro non intenzionato a ulteriori esborsi e quindi l’incombenza di ripulire il bilancio di Mps cadrebbe sull’eventuale compratore.
Mps ha messo insieme aumenti di capitale per complessivi 20 miliardi dal 2008 in avanti e ha come spada di damocle – che insieme agli Npl contribuisce a raffreddare l’interesse per l’acquisto – delle cause miliardarie (per circa 5,4 miliardi) degli azionisti.