Pop Bari, Bankitalia: ‘governo avvertito a febbraio, con liquidazione a rischio rimborsi Fitd per 4,5 mld’
Popolare di Bari, caccia al colpevole. Bankitalia non ci sta, al punto da pubblicare un corposo approfondimento sull’attività ispettiva condotta sulla banca. Una attività ispettiva che è iniziata nel 2010, e che è andata avanti nel corso degli anni con richiami e richieste di chiarimenti e di indagini, come quelle chieste nel 2016, e aventi per oggetto “le eventuali connessioni tra finanziamenti e sottoscrizioni delle nuove azioni e obbligazioni (il fenomeno delle cosiddette ‘operazioni baciate’).
Nella nota viene ricordato che lo stesso anno, nel giugno del 2016, Palazzo Koch avviò “nuovi accertamenti ispettivi mirati ai profili di adeguatezza patrimoniale e del credito”, che si conclusero “nel novembre 2016 con un giudizio “parzialmente sfavorevole”.
Insomma, Popolare di Bari era da anni nel mirino della vigilanza di Bankitalia. Tanto che nel 2017, la stessa “vigilanza sottolinea che la BPB ha bisogno di un rafforzamento patrimoniale e della governance con l’ingresso di elementi con specifiche competenze in materia bancaria e finanziaria”, dopo che un’operazione di rafforzamento patrimoniale era stata realizzata nel “biennio 2014-15”, per un valore complessivo di “€550 milioni, tra emissioni di nuove azioni (330 mln) e collocamento di obbligazioni subordinate (220 mln)”.
Ciò che Bankitalia riporta tra le tante cose è che il governo sapeva. Sapeva che la situazione in cui versava l’istituto era precaria, e lo sapeva fin dallo scorso febbraio (poche settimane dopo il decreto salva-Carige)“.
“Nel corso del periodo descritto continui sono stati gli scambi informativi con la Consob, documentati in numerosi resoconti di incontri e in una ventina di lettere formali. Numerose e continue sono state inoltre le interlocuzioni con l’Autorità giudiziaria. L’aggravamento della situazione aziendale della BPB è stato più volte portato all’attenzione anche del Ministro dell’Economia e delle Finanze (lettere del 27 febbraio, 3 maggio, 2 ottobre e 26 novembre 2019)“.
La crisi di Popolare di Bari – in realtà nota anche al pubblico, visto che il nome dell’istituto più volte, nei mesi scorsi, è stato comunque fatto, e mai associato a notizie davvero positive – era stata segnalata insomma da Bankitalia al Mef, con tanto di missive. Missive che sono state lette prima (quelle del 27 febbraio, 3 maggio) da Giovanni Tria (erano i tempi del governo M5S-Lega) e poi (quelle del 2 ottobre e del 26 novembre) dall’attuale titolare del Tesoro, Roberto Gualtieri.
Le polemiche non mancano. E sicuramente Bankitalia non si salverà dalle critiche per aver permesso che Popolare di Bari acquisisse Tercas:
“Nel luglio 2014 la Banca d’Italia autorizza la BPB ad acquisire il controllo di Banca Tercas; al fine di garantirne la sostenibilità, l’intervento viene accompagnato da un contributo di €330 mln alla BPB da parte del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD). L’ammontare viene definito in esito a una specifica due diligence e a una contrattazione tra la BPB e il FITD. Il coinvolgimento della BPB nell’operazione di acquisizione del gruppo Tercas si configura come un intervento di ‘salvataggio’ volto alla salvaguardia dell’interesse dei depositanti e al rilancio commerciale del gruppo abruzzese”.
Palazzo Koch non manca di ricordare che, tuttavia, “nella primavera del 2015 l’intervento del FITD a favore della BPB diviene oggetto di contestazione da parte della Commissione Europea per la sua presunta configurabilità come aiuto di stato. Per superare tale ostacolo l’intervento citato viene sostituito con uno di corrispondente ammontare erogato dal neo-istituito Ramo volontario dello stesso FITD”.
Ma “la realizzazione di quest’ultima operazione ritarda i tempi di integrazione tra la BPB e Tercas, con significative conseguenze negative sulla attività di entrambi gli istituti”.
Solo nel 2019 il Tribunale dell’Unione annulla la decisione dell’Antitrust UE sugli aiuti a Banca Tercas. La Commissione europea decide di appellare la sentenza”.
Il riferimento è al marzo di quest’anno, quando il Tribunale Ue ha accolto con favore il ricorso dell’Italia contro la decisione della Commissione Ue che aveva giudicato l’intervento del Fitd, il Fondo Interbancario, a sostegno della Popolare di Bari per il salvataggio di banca Tercas come aiuto di Stato. In quell’occasione, la stessa Popolare di Bari ha detto che avrebbe chiesto un risarcimento all’Unione europea , dopo aver perso un miliardo di euro circa.
Oltre a difendere la propria attività ispettiva, Bankitalia ha descritto anche ciò che accadrebbe nel caso in cui Popolare di Bari venisse liquidata:
“Nell’ipotesi in cui si dovesse pervenire a uno scenario liquidatorio con rimborso dei depositanti (senza cessione di attività e passività ad un altro intermediario), le ricadute del dissesto sarebbero assai rilevanti, sia sul tessuto economico sia sul risparmio locale. La liquidazione implicherebbe innanzi tutto l’azzeramento del valore delle azioni che esacerberebbe il contenzioso legale con i soci, già elevato a motivo delle modalità di collocamento degli aumenti di capitale 2014-15 (€550 mln, quasi integralmente sottoscritti da clientela al dettaglio), ritenute dalla Consob non coerenti con la normativa sui servizi di investimento e da essa sanzionate”.
“Subirebbero la stessa sorte anche i prestiti subordinati (ca. €290 mln, di cui €220 mln collocati a clientela al dettaglio). Sulla base di prime stime, verrebbero inoltre colpiti integralmente i creditori chirografari e i depositi eccedenti i 100.000 euro non riconducibili a famiglie e piccole imprese, con il rischio che siano colpiti, in quota parte, anche quelli superiori a 100.000 euro facenti capo a tali ultimi soggetti. Il FITD dovrebbe effettuare rimborsi a favore dei depositanti protetti per un importo complessivo di euro 4,5 mld circa, a fronte di una dotazione finanziaria che a dicembre 2019 sarà pari a €1,7 mld. Ciò implicherebbe l’esigenza di attivare integralmente il finanziamento per €2,75 mld. sottoscritto nell’agosto 2019 dal FITD con un pool di banche e finalizzato a fornire prontamente al Fondo risorse per i rimborsi. Per la restituzione del finanziamento potrebbe essere necessario il ricorso a contribuzioni straordinarie a carico del sistema bancario, che determinerebbero perdite significative”.
Ancora, Bankitalia avverte che “la cessazione dell’attività della banca implicherebbe il blocco dell’operatività con forte pregiudizio della continuità di finanziamento di famiglie e imprese; gli impatti sul territorio sarebbero considerevoli, anche alla luce della cospicua quota degli impieghi erogati dalla BPB nelle regioni di insediamento (come detto, pari al 10%). Anche gli impatti occupazionali (circa 2.700 dipendenti) sarebbero rilevanti e difficilmente assorbibili dalla debole economia locale. La crisi della BPB potrebbe inoltre incrinare la fiducia dei depositanti di altre piccole banche locali, innescando un effetto contagio. Tutto ciò rende di fatto non praticabile una liquidazione dell’intermediario senza cessione di attività e passività; quest’ultima opzione richiede l’individuazione di una banca interessata ad acquisire il compendio aziendale potrebbe risultare particolarmente problematico a causa delle difficili condizioni economiche dell’area di insediamento e della situazione dell’azienda. La cessione di attività e passività sarebbe comunque impossibile (per carenza di controparti interessate) senza un consistente aiuto di Stato a fondo perduto, al fine di coprire lo sbilancio di cessione e, in funzione delle richieste del cessionario, anche gli oneri di riorganizzazione e il fabbisogno di capitale a fronte degli assorbimenti patrimoniali da parte delle attività acquisite, secondo lo schema della liquidazione delle banche venete”.