Azionario Asia post minute Fed reagisce bene a rumor Huawei, borsa Tokyo +0,45%
Verso la fine delle contrattazioni l’azionario asiatico ha recuperato terreno, con gli investitori che si sono focalizzati sulle indiscrezioni del New York Times, secondo cui il presidente Usa Donald Trump potrebbe decidere di permettere ad alcune società americane di vendere componenti non sensibili a Huawei, derogando al divieto generale imposto in precedenza alle aziende Usa di fare affari con il colosso cinese.
La borsa di Shanghai sale dello 0,58%, Hong Kong +0,35%, Sidney piatta, Seoul tra le eccezioni negative con -0,31%.
La borsa di Tokyo ha visto l’indice Nikkei 225 chiudere in rialzo dello 0,45% a 21.551,98 punti.
In realtà diversi sono stati i report sugli sviluppi nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina, diramati nelle ultime ore, anche negativi. Tanto che i futures sul Dow Jones sono crollati nelle contrattazioni overnight fin oltre 300 punti dopo che il South China Morning Post ha riportato che non c’è stato alcun progresso nei negoziati che hanno preso il via questa settimana tra i vice ministri, e che la delegazione cinese guidata dal vicepremier Liu He si tratterrà a Washington soltanto per la giornata di oggi.
Le indiscrezioni non sono state confermate però dalla Casa Bianca, che ha comunicato che il vicepremier lascerà invece Washington nella giornata di venerdì, come appreso in precedenza.
Bloomberg News ha riportato inoltre rumor secondo cui l’amministrazione Trump starebbe considerando di sospendere l’aumento dei dazi previsto contro la Cina a partire dalla prossima settimana, in cambio di un “patto valutario” con Pechino.
Diverse le novità arrivate dal fronte macro del Giappone:
Il sondaggio stilato congiuntamente da Reuters e Tankan sul sentiment delle imprese giapponesi ha messo in evidenza che, nel mese di ottobre, l’outlook delle aziende attive nel settore manifatturiero si è confermato meno negativo rispetto al mese precedente e che il sentiment del settore dei servizi è salito al record in tre mesi. Certo, le aziende manifatturiere hanno continuato a manifestare preoccupazioni sulle conseguenza di una guerra commerciale protratta tra Stati Uniti e Cina e per il rallentamento dell’economia cinese.
Nello specifico, l’indice sul sentiment delle aziende manifatturiere si è attestato a ottobre a -5, in rialzo di due punti rispetto al mese precedente, quando il dato aveva testato il minimo degli ultimi sei anni e mezzo, a -7 punti.
E l’indice che misura il sentiment delle aziende che operano nel settore servizi è salito a 25 punti dai 19 di settembre, al valore più alto, per l’appunto, in tre mesi.
Gli ordini ai macchinari core del Giappone di settembre sono invece scesi del 2,4% su base mensile, peggio della flessione -1% attesa ma meglio del precedente calo del 6,6%. Il dato, indicatore delle spese in conto capitale del paese per i successivi 6-9 mesi, è scivolato inoltre su base annua di ben -14,5%, peggio del -8,4% stimato dal consensus e contro il -0,3% di agosto. Si tratta del tonfo peggiore in quasi 10 anni.
Infine, sempre a settembre, l’indice dei prezzi alla produzione del Giappone (termometro, insieme all’indice dei prezzi al consumo, delle pressioni inflazionistiche di un’economia), ha segnato una variazione pari a zero su base mensile, in linea con le attese, segnando un lieve miglioramento rispetto al -0,3% di agosto. Su base annua, il trend è stato di un calo dell’1,1%, come da attese e in ulteriore indebolimento rispetto al -0,9% precedente. L’inflazione del Giappone rimane ostinatamente debole.
Sullo sfondo, la diffusione delle minute da parte del Fomc, da cui risulta che diversi funzionari hanno citato l’inflazione nel giustificare il desiderio di procedere a un altro taglio dei tassi, in occasione della riunione di settembre. Le minute del braccio di politica monetaria della Federal Reserve sono relative alla riunione del 17-18 settembre, in cui Powell & Co hanno preso la decisione di procedere a un secondo taglio dei tassi, dopo quello di luglio, pari a 25 punti base, al range compreso tra l’1,75% e il 2%.
Dalle minute emerge che i banchieri hanno manifestato preoccupazioni sull'”aumento significativo” delle probabilità di una recessione negli Stati Uniti, a causa del rallentamento della crescita globale e alle conseguenze dell’escalation delle tensioni commerciali e geopolitiche.
Il Fomc si è mostrato tuttavia diviso nella decisione di tagliare i tassi, con sette favorevoli e tre contrari. Nelle minute si legge che, nel corso della riunione, è emerso “un quadro più chiaro sulla debolezza degli investimenti e delle esportazioni”. Qualche esponente del Fomc ha rilevato tuttavia che i “mercati starebbero prezzando ulteriori mosse di politica monetaria accomodante in misura maggiore rispetto a quanto sarebbe appropriato, e che sarebbe opportuno se le aspettative venissero allineate in modo migliore”.