Istat: reddito famiglie e potere di acquisto in aumento, ma per Codacons è ‘illusione ottica’
Le buone notizie arrivate oggi dall’Istat sono almeno due, in apparenza: la revisione al rialzo della crescita del Pil, relativa al secondo trimestre dell’anno, e l’aumento del reddito delle famiglie.
Nel periodo compreso tra aprile e giugno, si legge nella nota dell’Istituto nazionale di statistica, il prodotto interno lordo, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è salito dello 0,1%, sia rispetto al trimestre precedente sia su base annua, rispetto dunque al secondo trimestre del 2018. Nella nota diramata lo scorso 30 agosto, l’Istat parlava invece di una crescita congiunturale pari a zero e di una tendenziale negativa, pari a -0,1%.
L’upgrade della crescita del Pil italiano è dunque la prima buona notizia, che viene spiegata dalla Coldiretti con il contributo positivo che arriva dall’agricoltura.
“A salvare il Pil è l’agricoltura, con un aumento dello 0,4%, il doppio di quello dei servizi e in controtendenza rispetto al calo dell’industria (-0.2%)”. L’associazione commenta così la revisione al rialzo del Pil, “un risultato – spiega nella nota – ottenuto nonostante gli effetti del maltempo e delle quotazioni insoddisfacenti in alcuni settori per colpa delle distorsioni di filiera e le importazioni selvagge che fanno concorrenza sleale alla produzione nazionale perché vengono spacciati come Made in Italy per la mancanza di indicazione chiara sull’origine, in etichetta, per tutti i prodotti”.
La seconda buona notizia è, per l’appunto, la crescita del reddito delle famiglie che, sempre nello stesso arco temporale, è stata pari a +0,9% su base trimestrale, sia in termini reali che nominali. Il riferimento è al reddito disponibile delle famiglie consumatrici. +
Tuttavia, la fiducia delle famiglie rimane ancora zoppicante, se si considera che a salire è stata anche la propensione al risparmio, che si è attestata all’8,9%, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.
L’aumento del reddito diventa così una notizia meno positiva, nel momento in cui si considera che le famiglie hanno deciso di devolvere le maggiori entrate non alle spese per consumi, ma ai risparmi.
A certificarlo è la stessa Istat: “Il reddito disponibile delle famiglie ha segnato, dopo il calo della seconda parte dello scorso anno, un progressivo recupero, che grazie alla dinamica quasi nulla dei prezzi al consumo, si è trasferito in crescita del potere d’acquisto, con un’accelerazione nel secondo trimestre. La risalita del reddito si è tradotta solo in parte in maggiori consumi, mentre è aumentata la propensione al risparmio”.
La latitanza della fiducia delle famiglie è stata messa in evidenza dalla Codacons, che ha così commentato il dato dell’Istat relativo al reddito e all’aumento del potere di acquisto (+0,9% rispetto al periodo precedente, e +0,6% rispetto allo stesso periodo del 2018). Questi dati, secondo l’associazione dei consumatori, sono frutto di una illusione ottica, più che di un reale arricchimento delle famiglie.
“Reddito e potere d’acquisto degli italiani crescono solo sulla carta e solo grazie alla frenata dei prezzi al dettaglio – spiega il presidente Carlo Rienzi – L’inflazione infatti è da mesi al palo, con un tasso di crescita praticamente nullo, e ciò si riflette sul dato relativo alla capacità di spesa delle famiglie, che appare sì in aumento, ma in modo del tutto artificioso. Non a caso la spesa per consumi risulta ferma rispetto al trimestre precedente e segna appena +0,1%”.
“La strada per recuperare il gap con il passato è ancora molto lunga – prosegue Rienzi – Basti pensare che tra il 2008 e il 2018, la capacità di spesa dei consumatori ha subito una drastica riduzione, accentuata nel periodo della crisi economica, e il saldo ad oggi risulta ancora negativo, con una perdita complessiva del potere d’acquisto delle famiglie del -6,6% in 10 anni”.
Altro dato snocciolato dall’Istat, che non fa proprio onore al governo precedente M5S-Lega, è quello relativo alla pressione fiscale. Che, nel secondo trimestre, è salita al 40,5%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Complessivamente, nei primi due trimestri del 2019, la pressione fiscale risulta pari al 38,6% del Pil, in aumento di 0,5 punti percentuali rispetto ai 38,1 del 2018.