Per l’Argentina è di nuovo incubo default, le presidenziali di ottobre saranno la chiave
Torna l’ombra di un default finanziario per l’Argentina. Ieri è andata in scena una giornata da incubo per il paese sudamericano: crollo del 37% della Borsa, peso in picchiata e banca centrale che ha alzato i tassi al livello record del 74%. Il tutto a meno di un anno dall’accordo con il Fondo monetario internazionale, che concesse a Buenos Aires 56 miliardi di dollari di prestiti.
La Borsa di Buenos Aires ha chiuso con un tonfo del 37,93% dopo essere affondata fino al -48%, il secondo maggiore calo a livello mondiale negli ultimi 70 anni. Sul valutario, il peso è andato a picco, arrivando a perdere fino a un terzo del suo valore rispetto al dollaro, per poi chiudere a -19%. Non solo. Sono schizzate al 75% le probabilità di un default dell’Argentina nel giro di 5 anni, contro il 49% di venerdì scorso.
A far scattare l’allarme è stata la sconfitta elettorale del presidente argentino Mauricio Macri alle primarie, considerato un test importante per le elezioni di ottobre. Il presidente liberale argentino ha subito una pesante battuta d’arresto domenica contro il peronista di centrosinistra ed ex primo ministro, Alberto Fernandez. Il capo di gabinetto nei governi degli ex presidenti Nestor Kirchner e Cristina Kirchner (marito e moglie che si sono dati il cambio) ha superato Macri con un divario di 15 punti percentuali. Distanza difficilmente colmabile da qui alle elezioni del 27 ottobre.
E proprio le elezioni in autunno rappresenteranno un appuntamento chiave per il paese. Quanto è successo in queste ore “mostra ciò che rischiamo” avrebbe detto Macri, secondo quanto riporta Il Corriere della Sera, riferendosi alla possibilità che alle presidenziali di ottobre vinca “il passato”. “In tanti – ha proseguito – porteranno via i loro soldi dal Paese e questo lo vado dicendo da tre anni. Non possiamo tornare al passato perché il mondo vi vede la fine dell’Argentina”. Gli investitori infatti temono il duo Alberto Fernandez/Cristina Fernandez de Kirchner, considerato come più rischioso e lontano dalle politiche del Fondo monetario internazionale.