Boris Johnson premier, determinato a realizzare la Brexit. Ma UK rischia di tornare alle urne
Il risultato era praticamente scontato: Boris Johnson è stato eletto dai Conservatori del Regno Unito nuovo leader dei Tories e nuovo premier del paese, al posto di Theresa May, che ha rassegnato le dimissioni alla fine di maggio. Johnson si è aggiudicato il 66% dei voti: esattamente 92.153 voti contro i 46.656 di Hunt. “Grazie a tutti per l’incredibile onore che mi avete fatto – ha detto nel discorso con cui ha commentato i risultati – Il tempo della campagna (elettorale) si è concluso e ora è arrivato il momento di iniziare a lavorare per unire il nostro paese e il partito, realizzare la Brexit e sconfiggere Corbyn (leader del Partito dei laburisti in UK). Ce la metterò tutta per ripagare la vostra fiducia”.
Le priorità della sua premiership, ha annunciato, saranno tre: “deliver, unite and defeat”, ovvero: “consegnare (in questo caso concretizzare ciò per cui il popolo britannico ha votato nel referendum del 23 giugno del 2016, ovvero la Brexit); unire; e sconfiggere.
“Queste tre priorità – ha detto – formano l’acronimo Dud. Ma in questo modo verrebbe escluso il piano finale, che è quello di ‘energizzare’. Di conseguenza – ha scherzato, stando a quanto riportato dal Guardian, l’acronimo è Dude”. E in questo acronimo, lasciare l’Ue il prossimo 31 ottobre è, per l’appunto, la priorità.
“Il partito (dei Tory) – ha sottolineato ancora Johnson – dovrà riconciliare due istinti in conflitto tra di loro: l’istinto di lavorare con gli altri e l’istinto di auto-governarsi. Nell’edizione odierna il Financial Times – ha fatto notare -, ha affermato che nessun leader nella storia degli UK si è trovato a fronteggiare una serie di circostanze così spaventose. Ma sembrate per caso spaventati? – ha chiesto, rivolgendosi all’audience – “Non mi pare che sembriate o che vi sentiate spaventati”, ha continuato.
E tuttavia, ragioni per essere preoccupati ce ne sono, e Boris Johnson se ne renderà sicuramente conto. A tal proposito James Smith, economista dei mercati dei paesi avanzati presso ING, ha fatto notare che “il nuovo primo ministro britannico Boris Johnson affronterà gli stessi ostacoli che ha dovuto fronteggiare Theresa May, e riuscire a raggiungere un nuovo accordo sulla Brexit sarà complicato”. Certo, “il neo premier sarà anche aperto alla prospettiva di un no deal Brexit, ma il Parlamento farà il possibile per scongiurarla”.
Di conseguenza, “noi riteniamo che il ritorno alle urne si faccia sempre più probabile, forse perfino inevitabile, e crediamo che la sterlina soffrirà probabilmente ulteriori pressioni”.
“Mancano 100 giorni alla data sulla Brexit – ha ricordato l’esperto di ING – e il Regno Unito ha finalmente un nuovo primo ministro, l’ex ministro degli Esteri Boris Johnson”. Questo, “mentre cresce la paura che il Regno Unito possa lasciare l’Unione europea senza un accordo il prossimo 31 ottobre. Detto questo, almeno all’inizio, tra le prime cose che Johnso0n dovrà fare ci sarà quella di tornare a Bruxelles e cercare di siglare una nuova intesa. Tuttavia, nessuna delle controparti accetterà un compromesso sul backstop irlandese – il meccanismo concepito per impedire il ritorno a un confine tra le due Irlande. E’ dunque improbabile che le trattative abbiano successo”.
“Questo significa – si legge ancora nella nota di ING – che è possibile che ci sarà una terribile battaglia a ottobre, con il Parlamento che cercherà di evitare la prospettiva di un no-deal. E’ anche possibile che, avvicinandosi alla data della Brexit, venga presentato un voto di sfiducia contro il governo di Boris Johnson. In realtà gli ultimi sondaggi lasciano pensare che le elezioni potrebbero non essere poi così negative per Johnson. Tuttavia, visto che il ritorno alle urne richiederebbe certamente una ennesima estensione dell’Articolo 50, la rinnovata popolarità del partito dei conservatori potrebbe vacillare”.