Popolare Bari: il presidente Jacobini non lascia, niente svolta in assemblea
Marco Jacobini non molla la poltrona di presidente della Banca Popolare di Bari. E’ questa la sorpresa che arriva dalla delicata assemblea di ieri che ha visto i soci approvare la perdita monstre di 420 milioni di euro con cui si è chiuso il bilancio 2018.
Jacobini resta: vediamo cosa succede, non sono incollato alla poltrona
L’assemblea ha eletto i sei nuovi consiglieri di amministrazione. Il presidente Marco Jacobini, la cui famiglia è da sempre alla guida dell’istituto pugliese, ha replicato alle ipotesi di dimissioni, affermando: “ci sono, resto”. Le dimissioni potrebbero arrivare nei prossimi giorni e lo fa capire lo stesso Jacobini: “Vediamo che accade. Certo non resto incollato alla poltrona”. “A questo punto può accadere di tutto”, spiega una fonte della banca riportata da Repubblica e che fa notare come sei undicesimi del nuovo cda rappresenti comunque una discontinuità con il passato.
Un passo indietro di Jacobini che sarebbe caldeggiato anche all’interno della famiglia Jacobini dal figlio Luigi con accanto l’amministratore delegato Vincenzo De Bustis.
L’Assemblea degli azionisti di Pop Bari ha approvato quasi all’unanimità il bilancio 2018 che vede il patrimonio netto scendere del 54% inferiore all’anno precedente. Per fronteggiare le perdite, il Cda di Popolare di Bari ha – si legge nella nota relativa al bilancio di esercizio, “delineato una serie di iniziative strategiche che si innestano nel quadro del nuovo Piano industriale 2019-2023 approvato a gennaio 2019” e che prevedono principalmente due operazioni da realizzare entro l’anno: la ‘cartolarizzazione sintetica tranched covered su portafogli di crediti in bonis’ e la ‘cessione della partecipazione di controllo nella Cassa di Risparmio di Orvieto’.
Adesso per la Pop Bari si guarda al pelicato percorso verso un’aggregazione. L’emendamento ‘Salva Bari’ al Decreto Crescita prevede un’agevolazione fiscale volta a incentivare le aggregazioni bancarie nel Mezzogiorno. L’emendamento consente di trasformare le Dta (deferred tax asset, crediti fiscali differiti) in crediti d’imposta in caso di aggregazioni. Il tetto è stato fissato a 500 milioni di euro. I crediti d’imposta sono computabili ai fini del calcolo del Cet1, il principale parametro di solidità di una banca.