Deutsche Bank e annuncio shock. Nodo licenziamenti, banca rassicura dipendenti italiani
L’Italia si salva dalla profonda ristrutturazione che Deutsche Bank. Ristrutturazione che, come annunciato dal gigante tedesco, si tradurrà in pesanti tagli alla forza lavoro: ben 18.000 saranno i dipendenti che, entro il 2022, saranno colpiti dalla scure dei licenziamenti. A rassicurare i dipendenti italiani della prima banca tedesca è stato Flavio Valeri, chief country officer di Deutsche Bank in Italia dall’ottobre del 2008.
Nella lettera inviata ai 3600 dipendenti delle attività italiane – il cui contenuto è stato riportato dal Sole 24 Ore – Valeri ha confermato “quello che fonti di Francoforte avevano già anticipato al Sole24Ore: l’Italia, dove Deutsche bank si è insediata 40 anni fa, è a tutti gli effetti ‘core business’, e per questo non dovrebbe rientrare nei grandi tagli. In Italia conta 3600 dipendenti, più di 600 punti vendita e 1200 consulenti finanziari per svolgere attività di banca tradizionale, focalizzata su PMI e famiglie. L’Italia è il primo mercato europeo per Deutsche Bank al di fuori dalla Germania”.
Di conseguenza, “la profonda riorganizzazione del gruppo DB impatta l’Italia marginalmente perché la nostra presenza sul mercato italiano è già sostanzialmente in linea con il futuro modello organizzativo globale – ha spiegato ancora Valeri – Le attività nel nostro Paese continueranno quindi il percorso focalizzato sul supporto alle imprese piccole, medie, grandi con vocazione all’internazionalizzazione; sulla raccolta e gestione del risparmio; sulle attività di credito al consumo”.
Nella giornata di domenica, è arrivato l’annuncio shock di Deutsche Bank, che ha annunciato il via al programma di ristrutturazione record della sua storia.
“La ristrutturazione si tradurrà in un taglio del numero di posizioni equivalenti a tempo pieno di 18 mila entro il 2022, per ridurre la forza lavoro a circa 74 mila persone”, si legge in un comunicato della banca, rilasciato a seguito del meeting di domenica. L’esecuzione del piano comporterà costi pari a 7,4 miliardi di euro, entro la fine del 2022. A tal proposito Deutsche Bank stima, proprio a causa degli oneri che inizierà a sostenere, una perdita di ben 2,8 miliardi nel secondo trimestre del 2019. I risultati di bilancio della banca relativi al secondo trimestre dell’anno saranno resi noti il prossimo 25 luglio.
Nel comunicato Deutsche Bank ha precisato anche che la trasformazione (che prevede un forte ridimensionamento delle attività di investment banking) sarà finanziata con “le risorse esistenti”, e che verrà assicurato il “minimo richiesto del Common Equity Tier 1 ratio del 12,5%”. Ancora, “la banca prevede di realizzare il piano senza aver bisogno di ricorrere a un aumento di capitale”.
La notizia del piano di rilancio di Deutsche Bank ha sconvolto tuttavia economisti, strategist, e cittadini di tutto il mondo: questi ultimi hanno paventato un futuro imminente bailout della prima banca tedesca o, addirittura, un suo fallimento.
Severo è stato anche il giudizio di alcuni analisti di Wall Street di banche ben note. In particolare, stando a quanto riporta un articolo della Cnbc, in un comunicato Citi ha scritto che il piano di ristrutturazione di Deutsche Bank ha fissato “target ottimistici”. Da un lato, hanno fatto notare gli strategist della banca, “gli oneri di ristrutturazione sono più pesanti di quanto anticipato, anche se saranno spalmati su un arco temporale di quattro anni”. Dall’altro, “i vertici intendono finanziare (il piano) con le risorse esistenti, e dunque escludono un aumento di capitale. Questo fattore, scrivono gli analisti di Citigroup, “potrebbe confermarsi ottimistico”.
Sorpresa da Deutsche Bank anche Goldman Sachs, che ha parlato di una “ristrutturazione molto profonda, sotto ogni punto di vista”.
“Le indiscrezioni riportate dai media prima della riunione del cda di domenica erano già forti – ha sottolineato – Nonostante questo, gli annunci hanno sorpreso sia per intensità che per portata”. Ancora, Goldman ha scritto che “le sfide strutturali di Deutsche Bank, cadono in tre categorie: l’assenza di una piattaforma che garantisca elevati ritorni; costi di raccolta elevati; e le incertezze sul destino del suo braccio di investment banking”.