Caso Mercatone Uno: i negozi restano chiusi. Ieri al Mise in prima linea i fornitori
Non si spengono i riflettori sul caso Mercatone Uno. Dopo il primo incontro al ministero dello Sviluppo Economico (Mise) di lunedì scorso, a cui ha preso parte il vicepremier Luigi Di Maio, con gli amministratori straordinari, il commissario giudiziario, i rappresentanti delle regioni e i sindacati, ieri è stata la volta dei fornitori. C’è stato infatti il primo tavolo tecnico per i fornitori del gruppo Mercatone Uno-Shernon, per delineare il quadro della situazione in cui versano e condividere assieme a questi un percorso per fornire soluzioni. Dal Mise si sono impegnati a verificare la possibilità di estendere ai fornitori di Mercatone Uno l’accesso al Fondo per il credito alle aziende vittime dei mancati pagamenti. Stando ai numeri snocciolati dall’Associaizone Fornitori Mercatone Uno, le aziende coinvolte nella vicenda sono oltre 500 disseminate su tutto il territorio italiano per un valore di crediti non riscossi, a oggi, intorno ai 250 milioni di euro.
“La riunione istituisce una sede di confronto permanente tra le parti coinvolte, al fine di individuare soluzioni per venire incontro alle esigenze dei fornitori che in questi ultimi 5 anni hanno dovuto sopportare una situazione di estrema criticità a causa delle difficoltà operative, finanziarie e gestionali in cui si è trovato il gruppo Mercatone Uno”, ha commentato il vice capo di gabinetto, Giorgio Sorial. E sono state fortemente criticate le scelte effettuate in precedenza. “La nostra richiesta è che vengano sostituiti tutti e tre i commissari, sul loro operato vogliamo chiarezza”. È quanto dichiara al “Sole 24 Ore” William Beozzo, alla guida dell’Associazione Fornitori Mercatone Uno A.S.
Prosegue lo scontro tra politico sulla vicenda. Nella nota si legge del Mise che è stata ribadita la necessità di procedere a una netta discontinuità rispetto alle scelte portate avanti dal Governo precedente sia durante la fase di amministrazione straordinaria che in quella che ha portato alla cessione dei punti vendita di Mercatone Uno a un acquirente con debolezze finanziarie e industriali. Il Mise ha poi chiarito di essere al lavoro per definire un quadro più chiaro e completo possibile della situazione aziendale, con l’obiettivo di individuare insieme alle Regioni sinergie e strumenti da mettere a disposizione dei fornitori.
Nei giorni scorsi, l’ex numero uno del Mise, Carlo Calenda, dalla trasmissione “Porta a Porta” di Bruno Vespa ha ripercorso la recente storia di Mercatone Uno: dall’amministrazione straordinaria scattata nel 2014 al 2018, quando l’Azienza è stata ceduta a Shernon. “Dopo che tre aste erano andate deserte, i commissari dicono a questo punto l’azienda fallisce perché non ci sono compratori, non c’è cassa – racconta Calenda – i dipendenti era a casa e i fornitori non pagati. La stessa situazione di oggi”. “Arriva poi un imprenditore che giudichiamo molto poco solido, ma si presenta con tre distributori, di cui uno molto grosso da 400 milioni di euro, che è pronto a rilevarla”, spiega ancora l’ex ministro aggiungendo che “siccome non ci fidiamo, facciamo due cose: primo la rilevi e perfezioniamo l’acquisto solo se metti dei soldi, e secondo mettiamo una clausola che consente di riprenderla, una riserva di proprietà”. L’alternativa era purtroppo quello che stiamo vivendo adesso. “A chi mi risponde, potevi non firmare: certo, potevo non firmare e il ministro Di Maio sarebbe entrato con 1.800 persone licenziate – spiega ancora Calenda -. Di fronte alla pur tenue, mettendo tutte le garanzie, possibilità che si trovasse una soluzione io francamente, ho firmato”.
Negozi ancora chiusi
I 55 punti vendita di Mercatone Uno sparsi in tutta Italia restano chiusi dopo fallimento decretato dal tribunale di Milano della Shernon holding, che nell’estate dello scorso anno aveva rilevato il marchio dell’arredamento di Imola. Sul sito dell’azienda campeggia la scritta: “Ci scusiamo per l’inconveniente. Il nostro sito è attualmente offline. Grazie per la comprensione“.
Intanto in campo è scesa anche la regione Emilia-Romagna che, al termine dell’incontro di ieri con i sindacati, scrive: “Al Governo la richiesta degli ammortizzatori e dell’amministrazione straordinaria. Continuità aziendale, fondi regionali per la formazione”. Una fallimento che per l’Emilia-Romagna significa circa 450 lavoratori, 10 punti vendita cui si aggiungono la sede della logistica a San Giorgio Piano (Bo) e la centrale di Imola.
“Per la tutela dei posti di lavoro si attende una rapida pronuncia da parte del Tribunale di Bologna sulla retrocessione del compendio aziendale dalla Shernon, che consentirebbe la riapertura della procedura di amministrazione straordinaria – si legge nella nota -. Dalla riunione è inoltre emersa la richiesta al Governo, perché una volta ottenuta la retrocessione agisca immediatamente affinché si attivino gli ammortizzatori sociali e l’amministrazione straordinaria per la riapertura dei punti vendita (rendendo disponibili anche le risorse necessarie), così da mantenere il valore delle attività commerciali per rilanciare il marchio. Tutto questo con l’individuazione di nuovi acquirenti che presentino un piano industriale credibile.