Mps: ecco perché il Tesoro ha dato il benservito a Bastianini. L’ex ceo pronto a fare causa alla banca
Mps continua a far parlare di sé a causa della decisione del Tesoro maggiore azionista di silurare l’ormai ex ceo Guido Bastianini: tanto lodato e osannato soprattutto dai 5Stelle, che in primis lo hanno voluto alla guida del Monte dei Paschi nella primavera del 2020, blindato anche dalla Lega, con Matteo Salvini e Alberto Bagnai che hanno chiesto spiegazioni al Mef una volta circolati i rumor sulla sua cacciata, prima che il fatto accadesse.
Ssostenuto anche dal Pd di Enrico Letta e da Leu, Bastianini ha permesso al Monte di Stato di concludere il 2021 con un utile netto di 310 milioni, che ha confermato il risultato migliore dal 2015.
Perché, allora, dargli un benservito?
Il Tesoro di Daniele Franco, sebbene chiamato a chiarire da più parti, non si è fatto ancora sentire.
Ma nelle ultime ore l’agenzia Ansa ha riportato i motivi per cui Bastianini è stato sfiduciato, confermando anche l’intenzione del manager di fare causa alla banca, che ha affidato la sua carica a Luigi Lovaglio, ex UniCredit ed ex CreVal, noto per la sua esperienza nell’ambito delle ristrutturazioni bancarie.
Una figura dunque forte, per una cura dimagrante altrettanto forte, stabilita dai diktat di Bce e Ue, che Bastianini non sarebbe riuscito a rispettare: tra questi, un numero più alto di esuberi e un cost-income decisamente più basso rispetto a quello attuale, che si aggira attorno al 70%.
Nei giorni che hanno preceduto la cacciata ufficiale dell’ex ceo della banca senese, la politica si era infiammata non poco, puntando il dito contro il Mef, che non aveva rilasciato alcuna comunicazione per smentire o avallare le voci sull’uscita di scena del banchiere.
In particolare Matteo Salvini aveva tuonato contro il ministro Daniele Franco.
Mps e il benservito a Bastianini: le ragioni della cacciata
L’Ansa ha pubblicato nelle ultime ore le ragioni che sarebbero alla base della decisione del Mef di defenestrare Guido Bastianini. Così si legge nell’articolo:
“Rapporti con la stampa senza avvalersi delle ‘strutture’ della banca; “la posizione talvolta ambigua tra la definizione di un piano industriale stand alone ed un piano al servizio di un’operazione strutturale; un’atteggiamento non pro attivo’ nella ricerca di un partner; ‘la complessa gestione delle figure manageriali’ in alcune vicende, ‘l’assenza di una chiara presa di posizione’ su alcune proposte delle strutture, la mancata informativa sulla richiesta di dimissioni del Mef. Sono tra le ragioni, apprende l’ANSA, della sfiducia del cda di Mps a Guido Bastianini, che sulla revoca intende fare causa alla banca”.
I motivi sono emersi dagli estratti del verbale del consiglio di amministrazione che ha votato per il ritiro delle deleghe a Bastianini lo scorso 7 febbraio.
Tra questi spicca per l’appunto anche “l’assenza di una chiara presa di posizione giunta talvolta sino all’astensione” su proposte arrivate al consiglio dalle strutture della banca “senza espressione di orientamento in vicende di particolare delicatezza”, situazione che ha costretto il cda “ad agire in assenza di una precisa linea gestionale”.
Quel 7 febbraio, in occasione della riunione che era stata inizialmente convocata ‘solo’ per l’approvazione dei conti del 2021, il cda ha annunciato di aver deliberato all’unanimità la revoca, con decorrenza immediata, di Guido Bastianini, quale Direttore Generale, Amministratore Delegato e Amministratore incaricato del sistema di controllo interno e di gestione dei rischi di Banca MPS, nonché di tutte le relative deleghe restando quest’ultimo in carica quale componente del Consiglio di Amministrazione della Banca.
Contestualmente è stato cooptato in cda Luigi Lovaglio, a seguito delle dimissioni del Consigliere Olga Cuccurullo, intervenute in data 4 febbraio 2022.
Lovaglio, ex amministratore delegato di Credito Valtellinese, è stato poi nominato Amministratore Delegato e Direttore Generale di Mps.
Ma erano giorni che nei corridoi della finanza si vociferava dell’intenzione del Mef di mettere alla porta l’AD.
E dagli estratti pubblicati dall’Ansa emerge come tra gli attriti tra l’ex ceo e il Tesoro maggiore azionista di Mps con una quota del 64% ci fosse anche il fatto che Bastianini non sembrava scalpitare affatto per raggiungere un accordo con UniCredit: non per niente le trattative hanno fatto flop.
E’ vero che da altri verbali è emerso come il numero uno di Piazza Gae Aulenti Andrea Orcel, per assicurare la neutralità dell’operazione sul capitale di UniCredit, avesse chiesto una dote fin troppo alta.
Ma è altrettanto vero che il piano industriale firmato da Bastianini a fine 2020 presentava tratti stand-alone, mentre il Tesoro chiedeva una fusione.
C’è stato poi “il fraintendimento creato dall’audizione parlamentare in commissione banche, la cui secretazione non è stata preventivamente autorizzata dal cda che non ha potuto licenziare il testo consegnato, né conoscere il testo dell’adunanza”, e “la difficoltà di ottenere la proposta in merito ai piani di successione, più volte sollecitata dal presidente del comitato nomine, con ripetuti richiami scritti che hanno sortito effetto solo nell’adunanza del 31 gennaio 2022”.
Mps, Bastianini il ribelle: non avrebbe rispettato impegni con Ue
Oltre a quanto emerge dai verbali, secondo le indiscrezioni che si sono affollate negli ultimi giorni, ci sarebbe stata anche la disobbedienza di Bastianini ai diktat di Bruxelles.
Il Messaggero aveva fatto riferimento, un particolare, alla necessità che entro il 2021 Mps avesse una forza lavoro di 20.000 unità circa, a fronte del numero attuale dei dipendenti attuale che rimane invece sopra quota 21.000. E ancora, al manager sarebbero stati contestati anche “mancati tagli di oltre 4 miliardi”.
Dai conti appena diffusi è risultato inoltre che a fronte dell’utile netto del 2021 che ha ufficializzato i risultati migliori di Mps in sei anni, si è messa in evidenza la perdita di bilancio sofferta da Mps nel corso del quarto trimestre, provocata da un CoR, ovvero costo del rischio, superiore alle attese e ammontata a 79 milioni, rispetto alla perdita attesa di 31 milioni di euro.
Equita SIM ha commentato inoltre il bilancio del gruppo facendo notare che “la principale sorpresa negativa” rispetto alle sue attese è stata rappresentata dal maggiore costo del rischio, pari a 222 milioni (rispetto ai 160 milioni, a 112bps) che ha incluso un incremento delle provisions a causa della riclassificazione a NPE di moratorie scadute (3,7% del totale)”.
Tra le critiche e appunti al Mef per aver silurato Bastianini che sono arrivati dal mondo dei sindacati, si è messa in evidenza quella di Lando Maria Sileoni, numero uno della FABI che, appena appresa la notizia del ritiro delle deleghe, ha pubblicato un post su Twitter:
“Guido Bastianini è stato trattato come un eversivo. Ha due soli difetti: è una persona per bene ed è professionalmente capace. Confido nel buon senso e nelle indubbie capacità del Mef, primo azionista di Mps, per risolvere una difficile situazione che riguarda 20.000 dipendenti, le loro famiglie e più di 4 milioni di clienti. Noi faremo, responsabilmente, come sempre la nostra parte”.
C’è da dire che la revoca delle deleghe all’ex ad è arrivata anche in sua assenza.
L’Ansa ha infatti riportato alcune indiscrezioni, secondo cui dopo aver presentato i conti del 2021, Bastianini aveva lasciato il cda per recarsi al funerale della sorella, mancata nei giorni precedenti.
Il consiglio era tuttavia andato avanti nella discussioni sulla sua revoca, deliberando “il ritiro delle deleghe del banchiere, che già all’inizio dell’anno aveva perso entrambi i genitori, in sua assenza”.
Aumento capitale Mps: Lovaglio convincerà investitori a partecipare?
A questo punto, la palla passa a Luigi Lovaglio, che si è fatto notare per la gestione della banca polacca Pekao (gruppo Unicredit): una gestione che ha permesso all’ex controllata di UCG di diventare la società numero uno in Polonia in termini di capitalizzazione di mercato (superiore ai 10 miliardi di euro), vantando anche il CET1 più alto del paese (17% circa).
A Lovaglio, insomma, l’accetta sui costi che Bastianini non ha avuto il coraggio di utilizzare. A Lovaglio il difficile compito di sfornare un nuovo piano industriale che consenta al Monte di Stato di ottenere l’autorizzazione dell’Ue per lanciare un aumento di capitale da 2,5 miliardi, e allo Stato di rimanere nel capitale di Mps fino al 2023.
Certo, come fa notare il Corriere della Sera, Lovaglio dovrà imbarcarsi soprattutto nell’impresa, non proprio semplice, di “convincere gli investitori di mercato ad affiancarsi allo Stato immettendo nella banca tra 700 milioni e 1 miliardo di capitali privati, senza i quali la ricapitalizzazione solo da parte dello Stato non può aver luogo perché sarebbe aiuto di Stato”.