Ok CDM a decreto crescita: taglio Ires e agevolazioni fiscali a imprese. Ma è molto meno di quanto promesso
L’obiettivo è quello di permettere al Pil italiano -che diversi analisti danno in realtà negativo per tutto il 2019 – di salire dello 0,2% nel corso dell’anno. Una crescita da zero virgola, ben lontana dal +1% fissato dal governo M5S-Lega nella manovra finanziaria varata a fine 2018; crescita ancora più distante dal +1,5% che lo stesso esecutivo aveva inciso nella Nota di aggiornamento al Def dello scorso autunno.
Dopo una riunione tra le più tese dell’esecutivo giallo-verde – tanto che si parla di nuovo di aria di crisi – , il Consiglio dei Ministri ha approvato il tanto atteso decreto crescita. Un decreto crescita un po’ tanto monco della norma Salva Roma, quella concepita per trasferire allo Stato i debiti del Comune di Roma, appoggiata dal M5S di Luigi Di Maio. In realtà la norma è stata salvata, ma diversi sono stati i comma stralciati: una vittoria per l’altro vicepremier Matteo Salvini, che era stato chiaro nel suo desiderio di non fare preferenze a favore della capitale.
Proprio il Salva Roma si è confermato pomo della discordia, in particolare, tra Salvini e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che avrebbe mal digerito la decisione del leader della Lega di annunciare lo stralcio del Salva Roma ai cronisti davanti Palazzo Chigi prima del Cdm. “Non siamo tuoi passacarte”, avrebbe dettoConte a Salvini, invitandolo ad avere rispetto per l’organo collegiale di governo.
Dal canto suo, davanti ai microfoni dei giornalisti, Salvini ha esultato:
“La Lega è soddisfatta, i debiti della Raggi non saranno pagati da tutti gli italiani ma restano in carico al sindaco”. Ancora possibilisti i 5Stelle, con fonti del governo che hanno ribattuto che “la norma è stata approvata a metà, con i commi 1 e 7. E’ un punto di partenza, sul resto decideranno le Camere”.
Ma su quali misure si basa il tanto agognato decreto crescita, concepito per impedire che l’economia italiana chiuda il 2019 all’insegna della recessione?
Come riporta il Messaggero, “le norme “bandiera” sono due: il taglio dell’Ires, voluto dal Carroccio; e la riduzione delle tasse sui capannoni industriali chiesto dal Movimento. Inizialmente la sforbiciata delle tasse sui profitti delle imprese avrebbe dovuto essere di quattro punti, dal 24% al 20%. Non si andrà oltre il 20,5% e il taglio sarà spalmato su tre anni, anche se per il 2019 il taglio sarà di 2 punti al 22%. Luigi Di Maio voleva cancellare del tutto il prelievo fiscale sui capannoni industriali. Alla fine sarà più semplicemente aumentata la deducibilità fiscale dall’attuale 40% al 70%, e anche in questo caso un pezzetto alla volta per i prossimi tre anni. Nel decreto arriva anche una nuova rottamazione. Questa volta riguarderà gli atti notificati dai Cumuni o dagli agenti della Riscossione a nome di questi ultimi. Il condono, insomma, riguarderà sostanzialmente le multe stradali notificate ai cittadini tra il 2000 e il 2017. Lo sconto riguaderà gli interessi e le sanzioni e i sindaci avranno 60 giorni per deliberare le regole per aderire alla rottamazione. Le imprese ottengono anche il super-ammortamento al 130%, ossia un consistente sconto fiscale sull’acquisto di beni strumentali. Ma anche in questo caso è stato introdotto un limite: il valore massimo degli investimenti ammissibili non potrà superare i 2,5 milioni di euro”.
Così, sul super-ammortamento, Il Sole 24 Ore, che parla del suo ritorno per “investimenti in beni strumentali effettuati dal 1° aprile 2019 a fine anno nel limite di 2,5 milioni di euro”. E che precisa che “restano esclusi i veicoli non strumentali all’attività di impresa; la riduzione progressiva dell’Ires per gli utili lasciati in azienda che passa dal 24% al 20,5% nel 2022″.
Indicative le risorse che il reddito di cittadinanza avrebbe strappato alle imprese : “Per non attingere risorse inutilizzate dal fondo del reddito di cittadinanza, il Governo per il momento non è potuto arrivare a un taglio di 4 punti percentuali fino al 20% come inizialmente ipotizzato. Si parte con la riduzione dell’1,5%, con l’aliquota 2019 che passa al 22,5%; l’aumento progressivo della deducibilità Imu dei capannoni che sale dal 40% al 50% nell’anno in corso, al 60% per i due anni successivi e si ferma al 70% nel 2022; la riapertura del bonus aggregazioni per sostenere la crescita dimensionale delle imprese”. Ma, come sottolinea il quotidiano di Confindustria, il decreto crescita, che si compone di quattro Capi, con il primo tutto dedicato alle misure fiscali, sforna incentivi alle imprese che “escono ridimensionati e non poco dal confronto tecnico delle ultime settimane. Per il triennio 2020-2022 arriveranno aiuti fiscali alle attività produttive per soli 438 milioni sommando le quattro misure cardine del provvedimento”.
Il Messaggero precisa anche che nel decreto crescita arriva “la soluzione definitiva per i risparmiatori rimasti coinvolti nei crac delle banche. Il salva-truffati prevede, come chiesto dal Tesoro, il doppio binario. I rimborsi saranno del 95% per gli obbligazionisti e del 30% per le azioni. La soglia dei rimborsi sale a 200 mila euro. Per chi ha redditi inferiori a 35 mila euro e un patrimonio non superiore a 100 mila euro, la procedura sarà rapida. Per tutti gli altri ci dovrà comunque essere il vaglio di una commissione tecnica che verifichi l’aggiramento delle regole nella vendita dei prodotti. Un modo per evitare che Bruxelles possa bocciare le norme inserite nel provvedimento”.