DEF, verso Irpef a due aliquote al 15 e 20%. UNC: no allo scambio aliquote – deduzioni
Una graduale estensione del regime Irpef a due aliquote del 15 e 20 per cento, a partire dai redditi più bassi è previsto nella bozza del Piano nazionale delle riforme allegato al Def oggi in consiglio dei ministri. “Il sentiero di riforma per i prossimi anni prevede la graduale estensione del regime d’imposta sulle persone fisiche a due aliquote del 15 e 20 per cento, a partire dai redditi più bassi, al contempo riformando le deduzioni e detrazioni. Per incentivare gli investimenti, le imprese potranno beneficiare di una riduzione dell’aliquota Ires applicabile agli utili non distribuiti” si legge testualmente nella bozza.
Nel documento tra l’altro il governo rigetta le ipotesi circolate su una riforma della tassazione sugli immobili. “Il Governo non ritiene opportuno in questa fase rivedere l’imposizione sugli immobili, già oggetto di numerosi cambiamenti legislativi negli ultimi anni” si legge. Inoltre si prevede che “la crescita media del Pil in termini reali per il 2019 scende allo 0,1%, dall’1% del più recente documento ufficiale”. La crescita tendenziale aumenterà nel 2020 (0,6%), 2021 (0,7%) e nel 2022 (0,9%). Il programmatico invece sarebbe dello 0,2% nel 2019, per poi salire allo 0,7% nel 2020, 2021 e 2022.
UNC: con una mano si abbassano le aliquote e con l’altra le detrazioni
Immediata la reazione delle associazioni dei consumatori, UNC in testa. “E’ inutile abbassare le aliquote con una mano e con l’altra ridurre deduzioni e detrazioni. Nella migliore delle ipotesi è il solito gioco delle 3 carte. Nella peggiore, se non consento di scaricare, o di farlo solo in parte, spese sanitarie, interessi per mutui o rette universitarie, faccio venir meno la funzione di redistribuzione del Fisco, rendendolo meno equo, considerato che queste detrazioni servono a sostenere le famiglie per uscite importanti” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Infine, le due aliquote sono troppo ravvicinate ed è evidente che il vantaggio per i ceti più abbienti sarebbe di gran lunga superiore a quello delle famiglie in difficoltà, che invece andrebbero aiutate maggiormente” conclude Dona.