Def, è guerra di cifre sul Pil da zero virgola. E Conte e Tria frenano su flat tax
In attesa del Consiglio dei ministri che si terrà oggi sul Def, il Sole 24 Ore riporta alcune indiscrezioni sul contenuto del Documento di economia e finanza:
“Ad agitare il governo – si legge nell’articolo di Gianni Trovati – ci sono gli obiettivi di crescita da certificare nel Def, che continuano a oscillare fra il prudente 0,2% del Mef e le ambizioni di Lega e M5S che puntano almeno allo 0,3%-0,4%. Il tutto, mentre il decreto che alla ‘crescita’ è intitolato deve ancora risolvere i problemi di copertura”.
Tra l’altro, il quotidiano di Confindustria riporta che le bozze fissano al 132,6% il target del debito-Pil per quest’anno. La cifra potrebbe però lievitare nei testi finali per i dati Istat.
Il Messaggero ricorda che “Bruxelles prevede per l’Italia uno 0,2% (di crescita del Pil), ma in discesa. Il ministro Tria non vorrebbe discostarsi troppo anche per essere fedele ad una promessa di «sano realismo» fatta qualche giorno fa a Bucarest al vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis”. Ma “ai due partner di governo la stima non piace e la vorrebbero almeno doppia rispetto alle previsioni del Mef. Scendere da una previsione di crescita dell’1% allo 0,2% significa infatti dover ammettere di averle sbagliate tutte, o quasi, nel giro di poche settimane. Invece restare sullo 0,6% significa porre l’Italia in linea con altri paesi europei e scaricare le responsabilità sui governi passati e sulla congiuntura internazionale”.
Pomo della discordia rischia però, in una situazione chiaramente delicata,di essere la flat tax tanto voluta dal vicepremier leghista Matteo Salvini. Il Messaggero segnala che, oltre alla guerra di cifre sul Pil, il premier Conte e il ministro Tria frenerebbero sulla tassa piatta tanto voluta dal ministro dell’Interno. Con la sua introduzione, infatti, le sanzioni Ue contro l’Italia sarebbero quasi sicure. Già è tanto se non ci sarà – almeno secondo quanto ripetono incessantemente gli esponenti del governo – una manovra correttiva.
In questo contesto, “con i dodici miliardi di costo l’ipotesi della flat-tax nel Def più che un primo mattone è, per i tecnici del Mef, una mattonata sui conti pubblici che si somma a quelle relative ai 23 miliardi da trovare solo per evitare l’aumento dell’Iva. Alla fine un accenno potrebbe essereci con una formula soft tale da indicarla come obiettivo dei prossimi anni mantenendo la progressività – come chiede il M5S – attraverso un sistema di detrazioni e deduzioni fiscali e comunque legata ad una revisione fiscale dove potrebbe entrare anche il capitolo dell’Iva”.
Sicuramente, il Def confermerà quanto temuto: ovvero che le stime sul Pil dell’esecutivo sono state fin troppo azzardate: ancora più azzardate, se si considera che la previsione di una crescita, nel 2019, pari a +1% era stata rivista al ribasso da una decisamente più ambiziosa, pari a +1,5%, inizialmente incisa nella nota di aggiornamento al Def prima dell’inizio delle trattative con Bruxelles sulla legge di bilancio.
L’outlook era stato poi abbassato per andare incontro alle richieste dell’Unione europea, così come era stata rivista al ribasso la stima sul rapporto deficit-Pil dal 2,4% inizialmente deciso al 2,04%. Il problema però è, che con la crescita del Pil attesa così bassa, anche quel rapporto deficit-Pil smentirà le stime iniziali di Conte & Co.