Confindustria: ‘governo ha ipotecato conti pubblici, dovrà scegliere tra aumento Iva e deficit al 3,5%
Giornata da incubo per l’Italia che, oltre a dover fare i conti con le indiscrezioni sul contenuto del Def in arrivo – da cui emerge una scioccante revisione al ribasso dell’outlook sul Pil, è costretta ad accettare anche un nuovo downgrade sul suo outlook di crescita economica. Il mittente è il Centro studi di Confindustria, che taglia in modo consistente le stime sul prodotto interno lordo dal +0,9% stimato lo scorso ottobre a una crescita pari a zero.
Crescita ferma, dunque, per gli economisti di Confindustria, che addebitano il taglio monstre alla dinamica della domanda interna. Altro che assist da reddito di cittadinanza e quota 100.
La spinta alla crescita attesa dalle due misure viene considerata esigua. Proprio esigui non sono stati invece i danni, visto che, nel leggere gli Scenari economici del CSC, emerge che entrambi i provvedimenti, tra i pilastri portanti del contratto di governo, “a causa dell’ampio impatto atteso sui conti pubblici hanno contribuito al determinarsi di due fattori sfavorevoli: rialzo dei rendimenti sovrani e cambio di tendenza della fiducia delle imprese”.
La bocciatura delle politiche economiche del governo, da parte degli economisti, è totale. Gli esperti lanciano anche un allarme sulla scelta che il governo sarà costretto a fare.
D’altronde il governo M5S-Lega “ha sostanzialmente ipotecato i conti pubblici con l’ultima legge di Bilancio e non ci sono opzioni né facili, né indolori: la scelta sarà tra aumentare l’Iva o far salire il deficit pubblico” facendolo schizzare addirittura al 3,5%.
Il CSC prevede di fatto un indebitamento netto al 2,6 per cento del Pil nel 2019 (dal 2,1 nel 2018) e nel 2020, sotto l’ipotesi di una completa applicazione delle clausole di salvaguardia. Il saldo primario scende all’1,2 per cento del Pil quest’anno (dall’1,6 nel 2018) e il prossimo.
L’alternativa di non aumentare l’Iva avrebbe meno effetti recessivi diretti, ma non è percorribile visto che farebbe schizzare il rapporto tra deficit pubblico e Pil “pericolosamente oltre il 3 per cento e nelle attuali condizioni di credibilità e fiducia non sarebbe sostenibile”.
Un totale annullamento delle clausole a deficit, arrivate a valere 1,3 punti di Pil, si legge, “farebbe schizzare l’indebitamento al 3,5 per cento e potrebbe causare un ulteriore aumento dei tassi di rendimento sui titoli di Stato che, oltre a retro-agire sul deficit, avrebbe effetti recessivi addizionali”.
Tanto meno gli economisti si aspettano un cambio di rotta del debito pubblico che, a loro avviso, salirà invece di scendere.
Il rapporto debito pubblico-PIL, secondo le previsioni di Confindustria, è atteso in rialzo al 133,4 per cento nel 2019 (dal 132,1 nel 2018) e al 133,6 per cento nel 2020. Il debito salirà anche al netto dei sostegni agli altri paesi europei (pari a 3,3 punti di Pil quest’anno): 130,2 per cento del Pil nel 2019 (dal 128,8 per cento) e 130,4 per cento nel 2020. La stima Csc include 1 punto di Pil da dismissioni nel 2019 e 0,3 nel 2020, come indicato dal governo.
Outlook negativo anche per la pressione fiscale, a dispetto delle promesse elettorali di Lega e M5S, così come anche per il mercato del lavoro.
Praticamente l’occupazione in termini di persone occupate rimarrà pressochè ferma in media d’anno nel 2019 (+0,2 per cento), poco sopra ai livelli pre-crisi (già recuperati nella seconda metà del 2017). D’altronde la ripresa dell’occupazione si è bloccata già dallo scorso maggio (-0,2 per cento nel terzo trimestre 2018 e -0,1 per cento nel quarto), di pari passo al rallentamento del Pil, e l’arresto perdurerà anche nei prossimi mesi.
Sconcertante la previsione sugli investimenti privati, che sono attesi in calo dopo anni di crescita (-2,5% quest’anno, escluse le costruzioni). Tale peggioramento porta il Centro studi Confindustria a chiedere
misure che stimolino gli investimenti privati, come il ripristino del super ammortamento.
Il numero uno di Confindustria prende la parola e, nel commentare il quadro desolante che arriva dagli Scenari economici, incita l’esecutivo a muoversi:
“Il rallentamento dell’economia è maggiore di quello che immaginavamo e questo ci obbliga a reagire e a trovare soluzioni”. Per Boccia la priorità è “riportare l’attenzione al lavoro e all’occupazione, consapevoli di cosa sta vivendo il tessuto produttivo italiano”.
Tre gli assi prioritari: “infrastruttre, credito e crescita, intesa come riattivazione degli investimenti privati”.
Il numero uno di Confindustria continua, affermando che “un’operazione choc reattiva, con risorse già stanziate sarebbe un bel messaggio”. In ogni caso, la “sfida che il sistema industriale lancia alla politica e al governo” è chiara: “è arrivato il momento di diventare un gigante politico, oltre ad essere gigante economico essendo noi la seconda manifattura d’Europa”.