Ci ha provato per ben due volte, e finora le cose non potevano che andare peggio. La prima volta, quando lo scorso 15 gennaio Westminster ha bocciato sonoramente la proposta di divorzio del Regno Unito dall’Unione europea, si è parlato di una disfatta perfino storica. La seconda volta, il risultato è stata un’ennesima bocciatura, per quanto meno drammatica.
Per la premier UK Theresa May le cose non si stanno mettendo affatto bene e la stampa UK, ma non solo, sottolinea come il rischio che la sua leadership finisca sia diventato quasi una certezza.
D’altronde, molti continuano a chiedersi come May possa essere rimasta ancora sulla sua poltrona, nonostante le palesi sconfitte, nelle trattative sulla Brexit, che ha incassato dall’Unione europea.
L’ultima risale alla scorsa settimana, quando Bruxelles ha preso praticamente il controllo del processo di divorzio degli UK dal blocco europeo, concedendo al Regno Unito un periodo di grazia di appena due settimane, dalla data ufficiale del divorzio del paese dal blocco europeo, fissata al prossimo venerdì 29 marzo.
Dopo una maratona di trattative, sia il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk che il numero uno della Commissione europea Jean-Claude Juncker, hanno annunciato che la data sulla Brexit è stata spostata dal 29 marzo al 12 aprile. Ciò significa che il Regno Unito rimarrà membro del blocco Ue fino a quel giorno. Ma significa, anche, che l’Europa è pronta allo scenario di un no-deal Brexit.
Di fatto
se entro il 12 aprile la proposta di divorzio che la premier ha concordato con Bruxelles lo scorso novembre, sarà bocciata da Westminster per la terza volta (leggi le due
sonore sconfitte), il 12 aprile sarà la data in cui si concretizzerà lo scenario peggiore:
la Hard Brexit, o anche uscita disordinata del paese dall’Unione europea e, in sostanza, un no deal Brexit.
Una situazione, quella in cui si trova May che, nelle ultime ore, si è fatta ancora più incerta vista la riunione di emergenza che si è tenuta nella sua tenuta dei Chequers con alcuni suoi fedeli e i Brexiteers più agguerriti, per cercare di risolvere l’impasse in cui il Regno Unito è rimasto invischiato.
In tutto 14 i presenti attorno al tavolo per decidere il destino del paese. Tra questi, anche ex ministri del governo May: Boris Johnson, David Davis e Dominic Raab, così come anche i rappresenti più di rilievo del gruppo ERG: Jacob Rees-Mogg, Steve Baker e l’ex leader dei Tories, Iain Duncan Smith.
Stando ad alcune fonti sentite da Beth Rigby, deputy political editor di Sky, i Brexiteers avrebbero messo alle strette May con un ultimatum, emanato per voce di Rees-Mogg e Duncan Smith. Un messaggio semplice: “Se il primo ministro desidera che il suo accordo sulla Brexit superi la prova della Camera dei Comuni, allora dovrà fissare una data chiara in cui accetterà di farsi da parte, permettendo a un altro leader di negoziare il rapporto futuro del Regno Unito con l’Unione europea”.
May dovrà insomma tornare dietro le quinte della scena politica, anche se un ministro del suo esecutivo, ha avvertito che la “Brexit è un rebus e la risposta non è un nuovo leader”.
Da segnalare che il gruppo Brexit ERG è lo European Research Group: si tratta di un’alleanza formata da parlamentari conservatori che fanno lobby su questioni, come appunto la Brexit. Responsabile attuale del gruppo è dallo scorso gennaio il Brexiteer Jacob Rees-Mogg.