Ferrarini: scampato il fallimento (e gli esuberi), al via il piano con gruppo Pini. E i creditori?
Svolta in casa Ferrarini. Lo storico marchio italiano del prosciutto, in crisi da alcuni anni, è riuscita a scampare il fallimento, salvando stabilimenti e lavoratori, attraverso un nuovo piano industriale che prevede l’ingresso del gruppo valtellinese delle bresaole Pini. Tutti contenti, quindi? Alcuni creditori potrebbero esserlo meno.
Ferrarini passa sotto il controllo del Gruppo Pini
Ieri il Tribunale di Reggio Emilia ha dichiarato aperta la procedura di concordato preventivo con continuità aziendale della Ferrarini dando il via al piano industriale 2019-2024. Il piano è incentrato sull’intervento del Gruppo Pini nel capitale sociale e nella conduzione dell’attività d’impresa, si legge nella nota della società, ed è teso a garantire nel lungo periodo la crescita e la salvaguardia dell’occupazione. Non solo, “consentirà la nascita di un progetto di filiera volto ad affrontare i mercati globali”. In altre parole, quindi lo storico marchio prosciutti con sede a Reggio Emilia passerà sotto il controllo del gruppo Pini, garantendo continuità occupazionale senza nessuna delocalizzazione produttiva né trasferimenti degli attuali 800 dipendenti e uno sviluppo sui mercati esteri del marchio ferrarini.
Cosa prevede il piano?
Oltre alla continuità aziendale e alla salvaguardia dei posti di lavoro, il piano prevede la cessione di alcuni asset non strategici e un aumento di capitale da 10 milioni garantito da Pini e della sua controllata in Ungheria Hungary-Meat Kft. Il tutto per cercare di risanare il gruppo Ferrarini. Lo storico marchio di salumi reggiano ha registrato nel 2017 perdite per oltre 156 milioni di euro, un Ebitda negativo per 32,6 milioni e un patrimonio netto negativo per 108,9 milioni. Numeri che allo scorso 23 luglio, data dell’ingresso della società nella procedura concorsuale, sono così cambiati: perdita d’esercizio per 14,7 milioni e patrimonio netto negativo per 123,6 milioni di euro.
E i creditori?
L’aumento di capitale e la vendita degli asset saranno utilizzati anche per pagare i creditori. E qui si apre un capitolo doloroso, soprattutto per i creditori cosiddetti chirografari, cioè quelli non assistiti da garanzie. Questi infatti si dovranno accontentare di una percentuale di rimborso del 17,5% del credito concesso allo storico prosciuttificio. Inoltre il pagamento avverrà in tre rate, la prima entro il terzo anno dalla proposta concordataria e l’ultima entro il quinto anno. In questa categoria di creditori sono compresi anche i sottoscrittori delle due obbligazioni emesse nel 2015 e nel 2016 da Ferrarini per 35,5 milioni di euro complessivi e quotati all’extraMot di Borsa Italiana: in particolare, il primo prestito obbligazionario nel 2015 da 30 milioni di euro con una cedola del 6,375% e scadenza nel 2020, il secondo emesso 19 mesi dopo, a fine 2016, con un tasso di interesse del 5,625% e scadenza sempre a fine 2020, entrambi gestiti dalla fallita Popolare di Vicenza. Secondo Affari Italiani, Mediobanca sarebbe uno dei principali sottoscrittori di questi due prestiti obbligazionari.
Ferrarini e Pini, chi sono?
Ferrarini, storico marchio nato nel 1956 a Reggio Emilia, è oggi tra i leader sul mercato nazionale del prosciutto cotto, sia nel canale della grande distribuzione organizzata, sia in quello del dettaglio tradizionale su tutto il territorio nazionale grazie ad una propria rete distributiva. Nel giungo del 2016 il gruppo si è scisso in due parti: da un lato le produzioni industriali di prosciutto e salumi, ossia le aziende Ferrarini; dall’altro la Società Agricola Ferrarini, cui fa capo il resto delle attività (come la produzione di parmigiano, vino e aceto balsamico, per marchi come Le Corti di Filippo Re, Latterie di montagna Matilde di Canossa e Ferrarini Shop).
Il Gruppo Pini, fondato nel 1982 come produttore di bresaole, è entrato dal 1994 nel business alla macellazione e lavorazione di carne suina, diventando in pochi anni primo operatore italiano e uno dei leader europei del settore con stabilimenti in tutta Europa. Il gruppo oggi fattura più di un miliardo e seicento milioni di euro.