Huawei lancia offensiva legale contro Stati Uniti. Torna a salire tensione Cina-Usa
Huawei dice basta e fa causa agli Stati Uniti, accusandoli di aver violato la stessa Costituzione americana con la loro decisione di mettere al bando i suoi prodotti e quelli della rivale ZTE, altro gigante cinese attivo nel settore delle infrastrutture per tlc. Il colosso ha puntato il dito contro una disposizione ad hoc varata dall’America di Donald Trump: è la sezione 889 della legge National Defense Authorization Act (NDAA), che impedisce alle agenzie governative di acquistare le infrastrutture di Huawei e ZTE.
Huawei rimane osservata speciale del presidente americano Donald Trump, che ritiene che le sue infrastrutture possano essere utilizzate come strumento di spionaggio da parte del governo di Pechino.
Il gruppo cinese è stato già incriminato dal dipartimento di Giustizia americano, con l’accusa di frode finanziaria e di furto di segreti industriali e anche per la violazione delle sanzioni americane contro l’Iran.
Il caso si conferma un ostacolo ai rapporti Usa-Cina, che le trattative commerciali in corso tra le controparti stanno cercando di migliorare. Migliorare al punto che non sono mancati toni trionfalistici che hanno accompagnato le stesse dichiarazioni dei diretti interessati, il presidente americano Donald Trump in primis.
Un assist ufficiale alla denuncia presentata da Huawei contro gli Usa è arrivato nelle ultime ore da Pechino, che si è detta favorevole all’offensiva legale, ritenendola ‘ragionevole’.
GLI STATI UNITI E LA CROCIATA GLOBAL CONTRO HUAWEI
In questa situazione, si fa un po’ di fatica a immaginare che un accordo commerciale tra Pechino e Washington sia davvero imminente. D’altronde, l’amministrazione Usa sta portando avanti una vera e propria crociata contro il colosso anche a livello globale, cercando di dissuadere i suoi alleati dall’acquisto di prodotti di Huawei e ZTE che, a suo avviso, rappresenterebbe un pericolo per la sicurezza cibernetica.
Tornando alla causa lanciata da Huawei, il colosso cinese cita espressamente la normativa NDAA laddove sostiene che un individuo o un gruppo specifico possano essere considerati colpevoli di alcuni reati e, di conseguenza, puniti, senza che ci sia un processo. Ma l’assenza di processo è vietata dalla stessa costituzione Usa. I legali cinesi affermano, di conseguenza, che la Sezione 889 sia illegale, in quanto viola il diritto di Huawei a essere processata, e dunque a poter presentare eventuali prove contro le accuse e a dibattere in Aula.
I legali sostengono, praticamente che, nell’includere la Sezione all’interno della normativa – impedendo così la vendita dei prodotti di Hiawei alle agenzie federali – il Congresso si stia avvalendo di poteri giudiziari che non gli competono. La causa è stata depositata presso una corte federale, che a questo punto dovrà valutare se ci siano gli estremi per procedere all’avvio di un contenzioso.
Si sa che la corte può stralciare una disposizione senza mettere in pericolo l’intera legge. Di conseguenza, il colosso cinese spera nello stralcio della Sezione 889 della normativa NDAA.
Così Glen Nager, responsabile della consulenza legale per Huawei e socio di Jones Day, ha detto alla Cnbc: questa legge americana “sta danneggiando i consumatori di Huawei negli Stati Uniti, sta danneggiando la reputazione di Huawei e limitando la sua capacità di fornire i suoi prodotti innovativi, inclusi quelli per la rete 5G, ai consumatori Usa”.
“Huawei – ha continuato – spera in un dialogo costruttivo con il presidente (Trump) e la sua amministrazione, riguardo a come distribuire queste tecnologie innovative e a come garantire la competizione di Huawei, fornendo contestualmente un’asistenza piena sul fronte della sicurezza agli Stati Uniti”. Da segnalare, a tal proposito, che il Mise ha smentito la messa al bando sia di Huawei che di ZTE in vista della tecnologia per le reti 5G.
La tensione sul caso Huawei tra Usa e Cina è montata dopo l’incriminazione della cfo Wanzhou Meng, che gli Stati Uniti hanno fatto arrestare in Canada all’inizio di dicembre. In questo caso l’accusa è di aver violato le sanzioni che l’America ha imposto all’Iran, attraverso la presunta vendita di alcuni prodotti. La seconda incriminazione in capo a Huawei è per il furto di segreti industriali, ai danni del gruppo T-Mobile.
Così si espresso all’inizio di dicembre dello scorso anno il numero uno dell’Fbi, Christopher Wray:
“Le accuse ufficializzate sono il risultato di anni di lavoro investigativo condotto dalla Fbi e dai nostri partner che lavorano per il rispetto delle leggi”.
Huawei è stata definita una società che “mette in atto comportamenti sfrontati e persistenti, al fine di sfruttare le aziende e le istituzioni finanziarie americane, e minacciare il mercato globale libero e trasparente. Così come potete notare dal numero e dalla portata delle incriminazioni, Huawei e i suoi alti dirigenti hanno rifiutato in modo reiterato di rispettare le leggi degli Stati Uniti e le pratiche standard internazionali di business. Huawei ha anche cercato intenzionalmente e sistematicamente di rubare proprietà intellettuali di valore di una società americana (riferimento a T-Mobile), in modo tale da poter eludere quelle ricerche che richiedono tempo e i cui esiti sono guadagnati con fatica, al fine di aggiudicarsi ingiustamente un vantaggio di mercato”.
L’arresto di Meng è avvenuto lo scorso 1° dicembre. La manager, 46 anni, non è solo il CFO del secondo maggiore produttore al mondo di attrezzature per tlc. E’ anche la figlia del fondatore del gigante cinese, Ren Zhengfei, non solo tra i businessman più potenti della Cina ma anche membro eletto del 12esimo Congresso Nazionale del Partito Comunista della Cina, che ha servito tra l’altro anche l’esercito, prima di ritirarsi nel 1983.
Praticamente, Meng e famiglia appartengono all’elite della Cina, e la loro influenza sia in campo economico e politico è riconosciuta da tutti.
Con l’arresto della donna, gli Stati Uniti di Donald Trump non solo hanno praticamente rotto in meno di una settimana la tregua con la Cina, ma hanno reso i rapporti con il paese ancora più tesi, aprendo una forte tensione di matrice geopolitica, oltre che commerciale.
Dal canto suo, i legali della cfo hanno di recente presentato una causa contro il Canada, accusandoli di aver arrestato, detenuto e perquisito la manager in violazione dei suoi diritti costituzionali. Meng rischia ancora l’estrazione negli Usa.