Mifid II: Consob apre faro su trasparenza costi, Codacons invoca sanzioni severe a banche
Richiamo della Consob agli intermediari per un’applicazione fedele della MiFID II sulla trasparenza dei costi. L’obiettivo deve essere quello di assicurare che gli investitori siano consapevoli di tutti i costi e degli oneri per la valutazione degli investimenti, anche in un’ottica di confronto fra servizi e strumenti finanziari. “Le disposizioni in materia si applicano in modo incondizionato, chiaro ed esplicito, sin dall’entrata in vigore della Mifid2”, rimarca la Consob che vigila sulla corretta applicazione della disciplina.
La Mifid II richiede un grado di trasparenza (disclosure) sia ex ante sia ex post più alto rispetto a quello previsto dalla normativa previgente (Mifid1).
Gli intermediari, nell’ambito delle comunicazioni periodiche, devono informare la Consob sulle modalità adottate per conformarsi alla normativa e sugli esiti dei controlli svolti dalla funzione di compliance.
Consumatori sul piede di guerra
Duri i commenti dalle associazioni dei consumatori. Il Codacons chiede sanzioni severe contro gli istituti di credito che non si attengono alle nuove disposizioni. “Sono numerosi i casi in cui le banche non danno informazioni corrette ai propri clienti, modificandone i comportamenti economici specie per quanto riguarda gli investimenti – spiega il presidente Carlo Rienzi – I richiami della Consob non bastano, perché serve eseguire controlli nelle filiali e applicare sanzioni pesanti nei confronti degli istituti che violano le disposizioni e non garantiscono il diritto alla trasparenza degli utenti”.
L’Aduc rimarca come ciò che spaventa gli intermediari è dover comunicare con i rendiconti relativi all’anno 2018 i costi che gli investitori hanno effettivamente pagato (costi ex-post) poiché la quasi totalità degli investitori non è a conoscenza di quanto effettivamente stiano pagando. Alessandro Pedone, Responsabile Aduc Tutela del Risparmio, ricorda come mediamente gli investitori pagano circa il 2% sul capitale investito nei prodotti finanziari comunemente distribuiti.
“Poiché nel 2018, la media dei fondi comuni d’investimento ha perso tra il 4 ed il 5%, non sarà gradevole per i clienti scoprire che circa la metà delle perdite che hanno subito sono dovute ai costi che non sapevano di sostenere per un servizio di cui non percepiscono minimamente l’utilità”, asserisce Pedone.