Inflazione frena, alert consumi Codacons: ‘paradossale parlare di chiusure domenicali di negozi’
Inflazione in rallentamento in Italia nel mese di gennaio. L’Istat ha reso noto che, nel mese, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, è aumentato dello 0,1% rispetto al mese precedente e dello 0,9% su base annua, rispetto al +1,1% su base annua di dicembre. E’ stata confermata la stima preliminare. Non si tratta di un dato positivo per l’Italia, in quanto il rallentamento delle pressioni inflazionistiche indica un contesto di indebolimento dell’economia. Economia che, è bene ricordarlo, è scivolata in recessione nel secondo semestre del 2018.
Il dato scatena la reazione immediata del Codacons, che in una nota lancia l’allarme consumi in Italia, sottolineando che la frenata dei prezzi al dettaglio confermata dal dato dell’Istat di gennaio “è un segnale preoccupante, soprattutto se associato ai numeri negativi fatti registrare dal commercio e dall’industria nell’ultimo periodo”.
“Il rallentamento dei prezzi – precisa il presidente del Codacons, Carlo Rienzi – è dovuto principalmente alla mancata ripartenza dei consumi, come attestano i dati sulle vendite e sul commercio, estremamente negativi negli ultimi mesi, A fronte di tale situazione i listini al dettaglio subiscono effetti diretti con una conseguente frenata dell’inflazione. In tale contesto appare sempre più paradossale parlare di chiusure domenicali dei negozi, quando al contrario andrebbero incentivate le occasioni di acquisto per le famiglie per ridare fiato al commercio e a migliaia di negozi in crisi”.
L’Istat ha motivato l’indebolimento delle pressioni inflazionistiche soprattutto con la minore crescita dei prezzi dei beni energetici sia nella componente regolamentata (da +10,7% di dicembre a +7,9%) sia in quella non regolamentata (da +2,6% a +0,3%).
La dinamica è stata in parte mitigata dall’accelerazione dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (che passano da +0,6% a +2,2%) e in misura minore dei Beni alimentari non lavorati (da +1,3% a +1,7%).
Il rallentamento ha interessato anche la cosiddetta inflazione di fondo, ovvero l’inflazione al netto degli energetici e degli alimentari freschi: il dato, in questo caso, ha segnato una decelerazione dal +0,6% di dicembre a +0,5%. Al netto dei soli beni energetici, il trend è rimasto invece stabile a +0,6%.
Rispetto al gennaio del 2018 l’inflazione ha sofferto un forte rallentamento per i beni (da +1,2% a +0,7%), mentre i prezzi della componente dei servizi sono rimasti stabili a +1,1%; rispetto al mese di dicembre il differenziale inflazionistico tra servizi e beni è diventato positivo, pari a +0,4 punti percentuali (rispetto a -0,1 punti percentuali nel mese precedente).
L’inflazione acquisita per il 2019 è +0,1% per l’indice generale e -0,3% per la componente di fondo. Dal dato emerge che la crescita dei prezzi dei prodotti di largo consumo è rallentata: per i Beni alimentari, per la cura della casa e della persona passa il tasso è sceso da +0,7% a +0,6%, per i prodotti ad alta frequenza d’acquisto da +1,2% a +0,8%.
Così l’Istat ha commentato il dato: il 2019 “si apre con un’inflazione in rallentamento e che accentua i segnali di debolezza dell’ultima parte del 2018, scendendo sotto il punto percentuale. In particolare, dopo sei mesi nei quali era stata più elevata di quella dei servizi, a gennaio 2019, a causa principalmente della frenata dei prezzi dei carburanti, la crescita dei prezzi dei beni si porta al di sotto di quella dei servizi e del paniere nel suo complesso, così come arretra quella dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto”.
In questo quadro, “nonostante l’accelerazione dei prezzi degli alimentari non lavorati e grazie al rallentamento di quelli degli alimentari lavorati, l’indice dei prezzi dei prodotti di largo consumo, seppur di poco, mitiga anch’esso la sua pressione sul potere d’acquisto delle famiglie”.