Amazon macchina macina-soldi che raddoppia in un anno i suoi utili. E che in Usa paga zero tasse
Amazon, una vera macchina macina-profitti e macina-soldi, è arrivata lo scorso anno a raddoppiare i propri utili. E, anche, a pagare tasse federali, per il secondo anno consecutivo, pari a zero.
A rivelarlo un report recente firmato dall’Institute on Taxation and Economic Policy (ITEP) che, dati alla mano, ha fatto scoppiare un nuovo caso Amazon, questa volta per motivi fiscali. E già, perchè il colosso di Jeff Bezos ha assistito lo scorso anno a un balzo dei profitti dai $5,6 miliardi del 2017 a ben $11,2 miliardi.
Nonostante ciò, il gigante retail online – su cui pende già l’accusa di aver contribuito a falcidiare diverse catene retail Usa, incapaci di competere con il suo modello di business – è stato esonerato dal versare il 21% di tasse previste per il mondo corporate Usa (dopo il taglio dal 35% avvenuto con la rivoluzione fiscale di Trump).
La storia assume i contorni di una vera e propria beffa nel momento in cui si apprende che la società ha ottenuto un rimborso fiscale federale di ben $129 milioni per il 2018 e di $14 milioni sugli utili messi a segno nel 2017.
Ciò significa che l’aliquota fiscale a cui è stata sottoposta Amazon non solo è nulla, ma negativa, pari a -2,5%.
La notizia ha dato scandalo. A tuonare contro il caso da Fantafisco è stato il senatore Bernie Sanders che, dopo la pubblicazione dei numeri dell’istituto ITEP, ha scritto su Twitter:
“Se avete pagato un abbonamento annuale di 119 dollari per diventare membri di Amazon Prime, avete pagato più di quanto abbia versato di tasse Amazon”.
Più volte, Sanders aveva dichiarato battaglia al gigante, chiedendo un aumento dei salari a favore dei dipendenti del gruppo e dandosi come obiettivo quello di “abrogare tutti gli incentivi fiscali che Trump aveva concesso a quell’1% e alle grandi multinazionali”.
Amazon ha fatto parlare già ampiamente di sé la scorsa settimana, dopo aver ridotto in modo notevole un piano volto ad aprire un nuovo campus corporate a New York.
La cancellazione dell’iniziativa, scrive Forbes, è stata salutata con favore da molti critici, Democratici inclusi, che si erano scagliati contro i massicci sussidi che la città di New York, a loro avviso, avrebbe versato ad Amazon per favorire la costruzione del campus.
Il sindaco newyorchese Bill de Blasio figurava invece tra i sostenitori del progetto che, a suo avviso, avrebbe creato 25.000 nuovi posti di lavoro, assicurando benefici notevoli all’economia.
Amazon, che tra l’altro a novembre è diventato corriere postale in Italia presentandosi come rivale di Poste, aveva già scatenato l’ira del presidente americano Donald Trump che, in un tweet di qualche mese fa, aveva ricordato come le sue preoccupazioni sul colosso fossero nate “già molto prima delle elezioni (presidenziali).
“Diversamente dagli altri, Amazon paga poche tasse o zero tasse ai governi statali e locali – aveva scritto in un post su Twitter – utilizza il nostro sistema postale come se fosse un postino (provocando una perdita incredibile agli Stati Uniti) e facendo uscire dal business molte migliaia di società retail!”
Sempre il presidente aveva parlato di una situazione “antitrust”, facendo riferimento al gigante di Bezos, così come anche a Facebook e Google.
Proprio nella giornata di ieri il sindaco di New York de Blasio ha criticato la deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez che, nei giorni precedenti, aveva auspicato il flop del progetto della costruzione del campus Amazon – come è di fatto avvenuto – affermando che in questo modo si sarebbero liberati fino a $3 miliardi di finanziamenti, utili per rinnovare la metropolitana di New York e per assumere più insegnanti.
Il sindaco ha spiegato che quegli incentivi fiscali sarebbero stati erogati, invece, soltanto dopo che Amazon avesse generato fatturato e creato nuovi posti di lavoro”. Ma il risultato, in ogni caso, è che quel campus non si costruirà più.