L’oro di Bankitalia: è la Bce che decide, il precedente Tremonti. Salvini e Borghi: ‘Quell’oro è degli italiani’
Le indiscrezioni stampa che circolano da qualche ora, secondo cui il vero obiettivo del governo M5S-Lega, nel chiedere l’azzeramento dei vertici di Bankitalia, sarebbero le riserve auree depositate presso Palazzo Koch fanno esplodere un vero e proprio caso. La Stampa ha scritto di fatto un articolo in cui afferma che “l’idea dei gialloverdi sarebbe quella di usare una parte delle riserve auree per dirottarle sulla spesa, evitando così una manovra correttiva e l’aumento dell’Iva nella legge di Bilancio del prossimo anno, esito che nell’esecutivo cominciano a considerare scontato se la crescita continuerà a essere così rallentata”.
Il quotidiano cita l’articolo pubblicato lo scorso “9 settembre del 2018 sul blog personale di Beppe Grillo, firmato da Gabriele Gattozzi, che dal sito personale risulta essere docente all’Università della Terza età di Trento”. Con tanto di tabelle, ricorda La Stampa, Gattozzi “spiega che la Banca d’Italia è la terza detentrice di riserve auree al mondo, dopo la Federal Reserve statunitense e la Bundesbank tedesca (quarta, se si considera anche il Fondo monetario internazionale).Al netto del trasferimento di 141 tonnellate alla Banca centrale europea, è pari a 2.452 tonnellate (metriche). Prevalentemente sono lingotti (95 mila), il resto monete. Gli altri Paesi europei, dice il post di Grillo, hanno venduto dal 20% al 60% del loro oro. E l’Italia? «Non ha venduto nemmeno un grammo di metallo prezioso. Perché?». “Potrebbe farlo – continua l’articolo -nel corso di un eventuale CBGA giunto alla quinta edizione (è il Central Bank Gold Agreement, che disciplina la vendita dell’oro delle banche centrali, di durata quinquennale, ndr) che potrebbe partire già dal quarto trimestre del 2019 sulla base del prezzo di mercato odierno di 33,34 Euro/grammo”.
“Che l’idea sia condivisa tra i due partiti di maggioranza – scrive La Stampa – lo prova che due mesi dopo il post di Grillo, il leghista Borghi ha depositato una proposta di legge sull’oro posto a garanzia dalla Banca quando l’Italia aveva una sua moneta sovrana che lo porrebbe sotto la diretta proprietà dello Stato” .
A tal proposito, stamattina è arrivata la precisazione dell’onorevole Riccardo Molinari, parlamentare e capogruppo della Lega alla Camera, ad Agorà Rai Tre. Commentando quanto riportato dalle indiscrezioni, Molinari ha precisato che “Borghi non dice di vendere l’oro. Borghi dice una cosa molto più seria. Borghi chiede di sapere quell’oro di chi è. E quando ha fatto questa domanda i vertici di Bankitalia hanno risposto che devono chiederlo alla Banca Centrale Europea. E questo è gravissimo. Perchè è evidente che quell’oro è l’oro della Banca d’Italia e dello Stato italiano”.
CLAUDIO BORGHI: VOGLIAMO PROTEGGERE ORO BANKITALIA DA INTERESSI STRANIERI
Così Borghi, nell’intervista rilasciata a La Stampa:
“Nessuno vuole toccare le riserve auree, però è aberrante che non abbiamo ancora un’interpretazione autentica. Cosa ci vuole a fare una legge per mettere nero su bianco che la proprietà dell’oro è dello Stato? Ciò non significa che il governo possa venderlo, però questa lacuna va colmata. L’oro appartiene agli italiani. Eppure non esiste legge che lo dichiari esplicitamente”.
All’estero, “ovunque le riserve auree sono formalmente detenute dallo Stato. La situazione anomala di Banca d’Italia deriva dalla sua storia”. Borghi stesso ha precisato che la sua proposta non ha nulla a che vedere con il desiderio di vendere le riserve auree, fare cassa e utilizzare quei finanziamenti per evitare – come hanno scritto La Stampa e anche il Corriere – la manovra bis e/o l’aumento dell’Iva:
“Assolutamente no. Anzi noi le riserve auree le vogliamo tutelare e un pensierino andrebbe anche fatto al luogo dove tutto questo oro è depositato perché metà risulta conservato all’estero. Da un po’ di tempo non ci si poneva più il problema, poi una serie di curiose reticenze ne hanno favorito la riproposizione”.
“Noi – ha ribadito – le riserve auree vogliamo proteggerle dagli interessi stranieri. Altro che assalto a Bankitalia”.
DE MATTIA (EX BANKITALIA): INTERVENTO BCE QUANDO TREMONTI IPOTIZZO’ UTILIZZO RISERVE
E della questione, intervistato da Radio 24, ha parlato anche Angelo De Mattia, per 40 anni in Bankitalia, dove è stato anche segretario particolare del governatore Antonio Fazio.
Riferendosi alla riserve auree, De Mattia ha sottolineato che “nessuno mette in dubbio che sono di proprietà delle banche centrali e del sistema delle banche centrali”, e aggiunge che il loro scopo è quello di “assicurare la stabilità della moneta”.
De Mattia ricorda anche “quando con Berlusconi, l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti ipotizzò di utilizzare le riserve“.
In quel caso, di fatto, “ci fu un intervento della Bce che impose drasticamente limitazioni tassative addirittura sull’utilizzo del plus-valore e neanche degli stock. Ci sono stati nel tempo moltissimi tentativi, andati tutti a vuoto per l’impedimento giuridico, istituzionale e politico”.
Il caso è stato infine affrontato anche dal vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini che ha affermato di non aver studiato il dossier, aggiungendo tuttavia di volere che venga “certificato e ratificato che l’oro di Banca d’Italia è degli italiani”.
Detto questo, “non è un dossier che sto seguendo, so che c’è una proposta di legge che deve ripetere che l’oro della banca d’Italia è degli italiani. Se si trova in depositi all’estero per quanto mi riguarda resta lì, si può far custodire come si vuole ma è di proprietà dei cittadini italiani”.
Vale la pena ricordare come la questione dell’oro nei forzieri di Bankitalia sia tornata sotto i riflettori durante il periodo di Natale quando proprio il direttore generale Salvatori Rossi aveva fatto infuriare l’economista e presidente della Commissione bilancio della Camera, Claudio Borghi.
Intervenendo a una trasmissione su La7, Rossi aveva detto infatti che sull’aspetto giuridico di chi sia la proprietà legale dell’oro si sarebbe pronunciata “la Bce a cui abbiamo ceduto la sovranità quando è stato creato euro”.
Immediata la reazione di Borghi, che aveva replicato con un post su Twitter dicendosi “ALLUCINATO”.
“Stiamo a parlare delle virgole e il DIRETTORE DI BANKITALIA dice che la BCE (!!!) dovrà dire di chi è il NOSTRO oro? E meno male che la mia proposta di legge era superflua!! #giùlemanidalloro“, si legge nel tweet di Borghi.
Anche il Corriere ha riportato intanto indiscrezioni su un presunto obiettivo da parte del governo M5S-Lega di utilizzare le riserve auree di Bankitalia:
“La Banca d’Italia non ha smesso di essere nei pensieri di parte della maggioranza. È dell’autunno per esempio una proposta di legge del presidente della commissione Bilancio della Camera Claudio Borghi (Lega): lasciare le riserve auree in gestione alla Banca d’Italia, ma decretare che la proprietà è «dello Stato» e quindi la disponibilità appartiene al governo. Non è chiaro quanto sostegno abbia questa proposta, ma essa richiama un sottinteso delle polemiche di questi giorni: la Banca d’Italia possiede lingotti e monete d’oro che valuta a 84,8 miliardi di euro e nel complesso ha attivi per 963 miliardi — oltre metà del reddito nazionale — inclusi 40 miliardi in valuta estera e 18 di crediti «verso le pubbliche amministrazioni”.
“Peraltro almeno il valore di mercato delle riserve auree di Banca d’Italia – continua Il Corriere – è senz’altro superiore alle poste segnate in bilancio. Un’operazione con pochi scrupoli potrebbe far emergere plusvalenze improvvise. Non sono dettagli destinati a passare inosservati. Neanche per un governo che nella prossima legge di bilancio deve trovare almeno 25 miliardi di tagli o nuove tasse solo per stabilizzare il deficit, mentre l’economia resta ferma o in caduta. Naturalmente provare a toccare i forzieri della Banca d’Italia nell’illusione di far tornare i conti non sarebbe solo illegale; darebbe anche un segnale di confusione e perdita di controllo al quale gli investitori reagirebbero come hanno fatto già alla prima bozza di bilancio in autunno: uscendo dall’Italia e lasciando che le fiamme divampino sul mercato del debito”.