Tremonti: ‘Italia entrò nell’euro per interesse Germania. Cambio negativo lira-euro un pizzino per ingresso’
“L’Italia entrò nell’euro per l’interesse tedesco. Uscirne? Distruttivo”. Così, in un’intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore, l’ex vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Economia e delle Finanze dei governi Berlusconi Giulio Tremonti commenta i venti anni compiuti dall’euro, le speranze disilluse, le promesse non rispettate. Avvertendo però allo stesso tempo che, a questo punto, uscire dall’euro sarebbe distruttivo.
Certo, “il venir meno della solidarietà con le atrocità combinate alla Grecia e con il golpe finanziario in Italia sono episodi che non vanno più ripetuti”.
La delusione per la strada che ha preso il progetto europeo fa di nuovo capolino quando Tremonti ricorda che “l’euro è una moneta atipica”, visto che “per la prima volta nella storia, si ha moneta senza governi e governi senza moneta”.
“All’origine ci furono un grande pensiero e grandi uomini. L’impressione è che la realtà presente sia un po’ differente”. Nel caso dell’Italia, poi, l’entrata nell’euro avvenne “per l’interesse tedesco”.
L’ex ministro ricorda:
“Nel caso italiano la scelta fu tedesca, in terra neutra sul lago Lemano gli industriali tedeschi da un lato non ancora consolidati nella grande Germania e dall’altro temendo la concorrenza dell’industria italiana allora ancora molto forte convinsero la ‘banca tedesca’ a fare entrare l’Italia nella moneta così che la curva dei tassi sul debito italiano crollò. Di incerto restava non l’ingresso, ma l’anno di ingresso. Non essendo un economista mi permetto di rinviare a quanto scritto da Modigliani e da Spaventa alle posizioni espresse da Ciampi, da Savona, da Romiti. E’ comunque probabile che il cambio lira/euro sia stato influenzato in negativo sull’Italia da tutto quanto sopra: come pizzino applicato sul biglietto di ingresso. Data la dimensione storica del fenomeno e la natura dell’Italia come paese fondatore, il tipico meschino errore”.
Tremonti fa anche notare, a proposito della gestione della crisi dei debiti sovrani degli anni passati che, “nel wording della Bce, si legge da anni:’sovereign debt crisis'”. E, a tal proposito, si pone e pone una domanda:
“Siamo sicuri che la crisi fosse nei debiti, nei bilanci pubblici o non piuttosto nel settore privato? Perchè si è permesso ai Governi di fare ‘austerity’ salvo il caso di qualche Governo che ha fatto l’opposto? Ha avuto senso speculare contro gli Npl italiani sottraendo risorse alle nostre banche ed invece ignorare il mondo opaco ed enormemente più pericoloso dei derivati?”.
Detto questo, alla domanda se l’euro sia ireversibile, frase famosa proferita a più ripresa dal numero uno della Bce Mario Draghi, l’ex ministro risponde:
“Un conto è uscire da una moneta nazionale per entrare in una moneta sovranazionale. Un conto è uscire da una moneta sovranazionale per entrare in una moneta nazionale. Chi lo fa perde il futuro senza riacquistare il passato. Si dimentica che c’è stata e che c’è comunque la globalizzazione e che forze esterne distruggerebbero l’operazione. Tra l’altro per una moneta nazionale servirebbe coesione nazionale, non una parte che la vuola e l’altra no. Chi firmerebbe le nuove banconote e chi le prenderebbe in cambio delle materie prime che noi trasformiamo?”.