Bufera su Twitter, ribattezzata ‘l’Harvey Weinstein dei social media’ dopo report Amnesty International
E adesso dopo #DeleteFacebook e #DeleteWhatsApp, scoppierà una rivolta social anche contro Twitter? Sicuramente la notizia del rapporto diramato da Amnesty International sulla società di micro blogging e la successiva nota firmata Citron Research non hanno fatto bene al titolo, che ieri ha perso più dell’11%, zavorrato dai sell off. E anche oggi le cose non sembrano andare bene, dopo che Citron ha definito la piattaforma social “l’Harvey Weinstein dei social media”, fissando un target price di $20, rispetto ai $29 circa attuali.
La definizione shock è arrivata dopo l’appello di Amnesty International che- stando a quanto ha reso noto la stessa Citron Research – ha chiesto a Twitter di fare di più per proteggere le donne da abusi, frasi volgari e misogine e molestie di vario tipo, che riceverebbero in misura crescente da altri utenti.
“Abbiamo creato la banca dati più grande al mondo sugli abusi online contro le donne…”, si legge nel report di Amnesty. Ed “è emerso che #Twitter è il sito in cui razzismo, misoginia e omofobia spopolano praticamente senza che venga effettuato nessun controllo”.
Amnesty ha precisato: “Vogliamo essere chiari: non fa parte del nostro lavoro, in quanto organizzazione per la difesa dei diritti civili, analizzare tweet violenti o offensivi che circolino su questa piattaforma. E’ Twitter che dovrebbe occuparsene. Ma il rifiuto (della società) di rendere pubbliche queste informazioni, e il fatto che tali forme di abusi aumentino senza alcun controllo, ci ha portati a stilare lo studio”.
Il rapporto definisce Twitter un sito “tossico per le donne”: il 7,1% dei tweet inviati nel 2017 a politici e giornalisti è stato considerato “offensivo” e “problematico” .
Gli attacchi contro le donne di colore sono stati definiti, inoltre, “sproporzionati”.
Vijaya Gadde, responsabile della divisione legale e di sicurezza di Twitter, ha risposto alle accuse con un comunicato in cui si legge che il sito “incoraggia dibattiti, conversazioni e critiche più sani”, opponendosi a qualsiasi forma di “abuso, calunnia e manipolazione”. Di conseguenza, la società si impegna a fare progressi in tale direzione”.
Allo stesso tempo, Gadde ha fatto notare come Amnesty non sia stata capace di dare una definizione precisa a cosa intende per i contenuti ‘problematici’ che sarebbero presenti nella piattaforma social.
“Non è chiaro il modo in cui (Amnesty) ha definito tali contenuti o se abbia suggerito che tali contenuti vengano rimossi da Twitter”.
La manager ha dunque sottolineato che la questione merita di essere approfondita. Detto questo, “lavoriamo duramente per creare regole che vengano rispettate a livello globale, e abbiamo iniziato a consultare lo stesso pubblico nell’ambito di un nuovo approccio all’interno dell’industria”.
Dal canto suo, Citron Reaserch (nota società di short seller) ha fatto un chiaro parallelismo tra Facebook e Twitter: “In quanto investitori, se non vi piace Facebook, allora dovreste davvero ODIARE Twitter”.
The Wire riporta altre indicazioni emerse dal report di Amnesty, confermando che le donne di colore, che siano nere, asiatiche, latine, o miste, rischiano di essere menzionate in tweet ‘problematici’ o ‘offensivi’ il 34% delle volte in più rispetto a quanto accade alle donne bianche.
Il 7,1% dei tweet inviato alle donne è risultato per l’appunto “problematico” o “offensivo”, con abusi alle donne che si verificano ogni 30 secondi.
Lo studio di Amnesty ha “esaminato milioni di tweet ricevuti da 778 giornalisti, di riviste come il Daily Mail, il Gal Dem, il Guardian, Pink News, the Sun del Regno Unito, Breitbart e il New York Times, e da politici del Regno Unito e degli Stati Uniti con orientamente politici diversi”.
Così Citron sul suo sito: “Seguiamo Twitter da anni, e quando abbiamo letto l’articolo appena pubblicato da Amnesty International, abbiamo deciso immediatamente che non può più investire nel titolo (the stock had become uninvestable) e che gli inserzionisti pubblicitari saranno costretti presto a rivedere tutti gli accordi di sponsor siglati con Twitter”.