Facebook: nuovo scandalo, avrebbe fornito per anni dati e informazioni personali ai giganti tech
Altro che Datagate e Cambridge Analytica. Il nuovo scandalo scoppiato in queste ore su Facebook sarebbe ben più grave e profondo di quello che nella scorsa primavera aveva affossato il titolo a Wall Street e fatto scattare l’allarme sulla privacy, con l’avvio di class action in tutto il mondo.
Secondo un’approfondita inchiesta pubblicata dal New York Times, che ha coinvolto anche ex dipendenti e collaboratori di Facebook, il social network di Mark Zuckerberg avrebbe fornito per anni i dati personali e alcune informazioni sensibili dei suoi utenti ai giganti tecnologici, da Amazon, a Netflix, Apple, Spotify e Microsoft, in un data breach più invasivo e profondo di quanto emerso nella vicenda Cambridge Analytica. Oltre ai dati personali, le più grandi compagnie tecnologiche (chi più, chi meno) avrebbero avuto accesso anche a informazioni strettamente intime degli utenti, come i messaggi privati, i numeri di contatto e il calendario. Il tutto senza adeguata informazione verso i consumatori su modalità e finalità di utilizzo.
Facebook ha risposto all’articolo del New York Times con un comunicato (Leggi QUI) nel quale sostiene che “nessuna di queste partnership ha permesso alle aziende di accedere alle informazioni senza il permesso delle persone o violando il vecchio accordo con la Federal Trade Commission”. Intanto però i dubbi sulla gestione da parte di Facebook dei dati personali dei propri iscritti rimangono.
Di fronte a questo nuovo scandalo, le associazioni a difesa dei consumatori si sollevano nuovamente, chiedendo che il garante della Privacy intervenga in maniera efficace. Tra queste, Altroconsumo ha rilanciato la class action, che sta portando avanti insieme alle altre organizzazioni di consumatori europee (in Italia già quasi 50mila aderenti, oltre 170mila a livello europeo). “È il modello di business in discussione – sostiene Altroconsumo – non si tratta più di singole falle, né di comportamenti inaccurati”. Altroconsumo ha scritto alle società citate nell’indagine per chiedere chiarimenti sugli italiani coinvolti e sul persistere di pratiche illecite di condivisione dati con Facebook.
Era marzo quando scoppiava il caso Datagate e lo scandalo Cambridge Analytica. Quest’ultima era la società di consulenza che ha lavorato per la campagna elettorale di Donald Trump e che, secondo quanto emerso dalle indagini, aveva utilizzato le informazioni personali dei vari account Facebook per condizionare l’esito del voto nell’Election Day del 2016. In quel caso sarebbero stati violati i dati di 87 milioni di utenti (in Italia sarebbero stati oltre 214mila).