Istat: italiani meno soddisfatti per la propria vita, specialmente donne e anziani
Dopo il sensibile miglioramento osservato nel 2016, gli italiani si scoprono meno soddisfatti per la propria vita, soprattutto le donne (38,6% contro 40,6% degli uomini) e gli anziani (33,9% delle persone di 75 anni e più, 52,8% tra i 14 e i 19 anni). Lo rivela la sesta edizione del Rapporto BES sul Benessere equo e sostenibile dell’ISTAT, che esamina gli indicatori suddivisi in 12 aree o domini (dal reddito al lavoro, dalla salute all’instruzione).
Migliorano le aspettative per il futuro ma il Sud è ancora indietro
In base alla ricerca emerge un certo miglioramento per le aspettative per il futuro: cresce la quota di individui che ritiene che la propria situazione migliorerà nei prossimi 5 anni (27,2%), sostanzialmente stabile quella dei pessimisti (15%). Le aspettative positive sono più diffuse tra i giovani, nel Nord e tra gli uomini. I livelli di occupazione dei 20-64enni (62,3%) aumentano, ma a un ritmo più lento rispetto a quelli medi europei (72,2%), con un divario più ampio per le donne. Le condizioni del Mezzogiorno rimangono comunque difficili: in Sicilia la quota di mancata partecipazione al mercato del lavoro raggiunge il 40,8%, un valore dieci volte maggiore rispetto a quello registrato nella provincia autonoma di Bolzano. Torna ai livelli del 2010-2011 invece il reddito aggiustato lordo disponibile pro capite delle famiglie, che ammonta a 21.804 PPA (Parità del Potere d’Acquisto), inferiore dell’1,7% alla media europea e del 7,8% alla media dell’area Euro mentre peggiora nel 2017 l’incidenza di povertà assoluta, basata sulla spesa per consumi, che riguarda il 6,9% delle famiglie (da 6,3% nel 2016).
Note dolenti per la salute – nel 2017 si interrompe di nuovo il trend di crescita della speranza di vita, dopo la flessione del 2015, con una riduzione del tradizionale vantaggio delle donne – e l’istruzione con i principali indicatori che si mantengono molto inferiori alla media europea. Particolarmente critica la dinamica dell’uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione (14% dei giovani di 18-24 anni) in crescita dopo 10 anni di ininterrotta diminuzione, specialmente al Nord.