Food delivery in Italia: studenti che fanno altri lavori, ecco l’identikit dei riders secondo Bankitalia
Anche in Italia, grazie alla gig economy, stanno spopolando piattaforme digitali che mediano l’incontro tra domanda e offerta di servizi ma pongono nuove questioni relative a come assicurare un bilanciamento tra il potere contrattuale di lavoratori, datori di lavoro e piattaforme e, di conseguenza, se e come regolamentare questa attività. Uno studio condotto da Bankitalia ha prestato particolare attenzione al mercato del food delivery in Italia, da Foodora a Deliveroo, e all’inquadramento dei rider.
L’identikit dei rider
Innanzitutto lo studio mette in luce come nel nostro paese si tratta a oggi di un fenomeno di proporzioni assai contenute: nel food delivery, il settore più sviluppato della gig economy in Italia, si stima lavorino circa 7,650 gig worker, pari allo 0,16% dei lavoratori autonomi e allo 0,037% del totale degli occupati. Da un punto di vista regolamentare, emerge una notevole frammentarietà negli inquadramenti adottati: secondo le stime di via Nazionale il 23% circa dei rider sarebbe impiegato tramite contratti di collaborazione coordinata e continuativa, mentre la restante parte attraverso collaborazioni occasionali di lavoro autonomo o partite IVA. Chi svolge l’attività di rider è per breve durata: in media i contratti di collaborazione stipulati dalle piattaforme prevedono una durata di circa quattro mesi e mezzo per una permanenza totale media nel settore inferiore ai sei mesi. Solitamente poi, essendoci una certa flessibilità negli orari di lavoro, i rider molto spesso fanno anche un altro lavoro e circa il 50% di questi è uno studente.
Minimo salariale per i riders: Bankitalia dice no
Sulla figura dei rider il vicepremier Luigi Di Maio ha assicurato entro fine anno una soluzione. “Quindi arriviamo alla fine, alla conclusione di quel tavolo, se avrà un buon esito il tavolo sia le società della gig economy sia i riders avranno migliorato i diritti di quei ragazzi e dato dei minimi salariali e rimborsi spese. Altrimenti faccio una norma entro fine anno faccio una norma nel decreto semplificazione in fase di conversione e si conclude questa partita con più diritti per tutti per quei ragazzi”. In realtà oggi Bankitalia mette in luce come, essendoci molta frammentarietà, occorre sì un’armonizzazione della disciplina normativa del settore, un’armonizzazione però a livello nazionale e non locale, per evitare disomogeneità territoriali e, quindi, incertezze per gli operatori, ma ci sono peculiari difficoltà che si riscontano quando si parla di minimi retributivi. Ciò, dice lo studio di Bankitalia, è dovuto soprattutto alla non esclusività del rapporto di lavoro: infatti, se al gig worker è garantita la possibilità di lavorare per più piattaforme nello stesso momento e di scegliere quali compiti svolgere tra quelli proposti dalle diverse piattaforme, risulta particolarmente problematica l’individuazione del confine temporale della prestazione lavorativa.