Stop rivalutazioni pensioni anche nel 2019, salvi gli assegni sotto 1.500 euro
Nuova tegola sulle pensioni: dal 2019 la rivalutazione degli assegni previdenziali sarà tagliata a partire da quelli sui 1500-2000 euro lordi al mese. A scriverne oggi Il Messaggero secondo cui il governo giallo-verde vorrebbe così intervenire sulla materia della rivalutazione pensionistica dopo 5 anni di applicazione del cosiddetto “schema Letta”, introdotto dall’omonimo governo nel 2014 e poi prorogato per un biennio fino a tutto il 2018.
Taglio alla rivalutazione: l’ipotesi allo studio del governo
L’ipotesi allo studio del governo è di inserire il taglio alla rivalutazione delle pensioni con un emendamento alla legge di bilancio oppure con un autonomo provvedimento di legge forse un decreto. La rivalutazione, anche detta perequazione delle pensioni è lo strumento con cui gli assegni previdenziali vengono aumentati adeguandoli all’incremento del costo della vita che rivela annualmente l’Istat. E’ stata la legge Fornero nel 2011 a bloccare pe due anni questo adeguamento e poi nel 2013 è intervenuto lo schema Letta, elaborato dall’allora governo, che ha previsto un’indicizzazione parziale, per cui la perequazione veniva limitata in proporzione all’importo. Dal 2019 quindi le pensioni avrebbero dovuto tornare ad essere rivalutate in misura quasi piena. Avrebbero perché, secondo quanto riporta oggi il quotidiano romano, nel pacchetto pensioni troverebbe spazio il congelamento delle rivalutazioni per gli assegni più alti. Di fatto quindi anche il governo gialloverde seguirebbe la strada dell’esecutivo Letta con un adeguamento degli assegni pieno solo per i ratei dal 1500 a 2000 euro.
Pensioni alte: niente ricalcolo ma un contributo di solidarietà
Il meccanismo a cui si lavora in queste settimane – e che scrive Il Messaggero nei dossier tecnici viene descritto come “raffreddamento” degli aumenti – sarà meno vantaggioso ma come contraltare lo Stato potrà incassare diverse centinaia di milioni. Sempre sul tema pensioni, pare che il Movimento Cinque Stelle abbia ormai rinunciato all’originario progetto di un ricalcolo di questi trattamenti, mentre ha preso forma l’idea di un “contributo di solidarietà” che dovrebbe essere applicato per 5 anni, sulla falsariga di quelli già in vigore negli anni scorsi.