Corsa al Quirinale, tutto quello che c’è da sapere e implicazioni sui mercati
Inizia oggi il cammino per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica che andrà a sostituire Sergio Mattarella il cui mandato termina il prossimo 3 febbraio. Un voto che i mercati guardano da vicino, più che in passato, in virtù delle ripercussioni che potrà avere anche sulla tenuta del governo.
I poteri del presidente della Repubblica
In Italia si sono susseguiti 12 Presidenti della Repubblica. Nessuno donna. La Costituzione definisce le funzioni del Presidente della Repubblica, che rappresenta l’unità nazionale. Il Presidente ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere, nonché presiede il Consiglio superiore della magistratura. Il Presidente della Repubblica rimane in carica sette anni.
Come si svolge l’elezione del presidente
Sempre la Costituzione definisce le modalità di elezione del Capo dello Stato. Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica.
Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri e all’elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.
Sono 1.009 i grandi elettori chiamati ad eleggere il Capo dello Stato: 315 senatori, a cui si aggiungono i 6 senatori a vita, 630 deputati e 58 delegati regionali, 3 per ogni Regione, ad eccezione della Valle d’Aosta che ne ha uno. Per eleggere il capo dello Stato, nelle prime tre votazioni, ne servono almeno 673: all’inizio occorre la maggioranza dei due terzi dell’assemblea. Dalla quarta votazione basta la maggioranza assoluta, 505 voti.
Le elezioni 2022 passeranno alla storia perché si svolgeranno seguendo le regole anti Covid. In particolare si prevede che i tradizionali catafalchi con le tende in feltro, piazzati al centro dell’Aula per garantire la riservatezza del voto, saranno sostituiti da cabine senza tendine, più facili da igienizzare. Ci sarà una sola votazione al giorno e in Aula la capienza massima sarà di 200 persone. Entreranno 50 grandi elettori alla volta e si voterà per fasce orarie, in ordine alfabetico, prima i senatori, con precedenza a quelli a vita, poi i deputati e infine i delegati regionali. Ogni scrutinio, con lo spoglio, dovrebbe durare intorno alle 4 ore e mezza. Le votazioni inizieranno lunedì 24 gennaio e si andrà avanti finché non verrà eletto il presidente.
Le regole stabiliscono che terminata la votazione per il Presidente della Repubblica, si procede allo spoglio delle schede, che vengono lette dal presidente della Camera con accanto quello del Senato. I segretari procedono poi al computo dei voti e il presidente proclama poi il risultato. In caso di esito positivo, immediatamente il presidente della Camera e quello del Senato si recano dall’eletto, comunicandogli l’avvenuta elezione e il verbale della seduta. Una volta eletto, il Presidente della Repubblica non entra subito in carica ma occorre attendere il giuramento e l’insediamento
I papabili candidati
Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età e goda dei diritti civili e politici.
Nella rosa dei candidati non figura l’attuale Capo dello Stato Sergio Mattarella che ha più volte escluso un suo secondo mandato anche se tra i capi di partito il suo nome continua a circolare nello scenario in cui non si trovi un’intesa su altri candidati condivisi. Tra i nomi invece ricorrenti troviamo quello dell’attuale premier Mario Draghi. Il nome dell’ex numero uno della Bce, da un anno alla guida dell’esecutivo italiano, potrebbe essere visto di buon occhio dai mercati, considerando il plauso ricevuto per la gestione del governo. Tuttavia,c’è chi, come gli analisti di Goldman Sachs, ha detto che Draghi al Quirinale porterebbe elezioni anticipate che ritarderebbero l’attuazione del PNRR e delle relative riforme. Nelle ultime ore è emerso il nome di Elisabetta Belloni, direttrice del Dis ed ex segretario generale della Farnesina, come figura potenzialmente idonea come successore di Draghi al governo al fine di evitare scenari di ritorno alle urne.
Nel centrodestra, dopo il passo indietro di Silvio Berlusconi, non c’è al momento l’indicazione di un candidato di parte. Tra i nomi che il centrodestra potrebbe proporre nelle prime votazioni c’è quello di Marcello Pera, ex presidente del Senato, nonché di Letizia Moratti e ancora di Gianni Letta.
Nel centro sinistra il segretario del pd Enrico Letta ha fatto il nome di Andrea Riccardi come possibile figura super partes.
Tra i nomi emersi si sono anche: Paolo Gentiloni, oggi Commissario europeo per gli affari economici a Bruxelles, Giuliano Amato, l’attuale Guardasigilli Marta Cartabia, Paola Severino e il ministro della comunicazione Vittorio Colao.
Le implicazioni sui mercati
Analisti e investitori guardano con apprensione alle votazioni per l’elezione del Presidente della Repubblica Italiana. “E’ un appuntamento importante, che potrebbe avere implicazioni per la stabilità del governo e per i programmi delle riforme”, spiega Carlo Capuano, Vice President dell’agenzia di rating creditizio DBRS Morningstar. “Il 2022 è un anno chiave in quanto il governo ha il compito di migliorare gli obiettivi raggiunti nel 2021, con un gran numero di misure da trasformare in leggi nel secondo trimestre dell’anno. Sostenere i progressi fatti con riforme legislative che portino a un maggiore potenziale di crescita potrebbe incidere positivamente sulla sostenibilità del debito e, a sua volta, sul merito di credito dell’Italia”.
Il nome di Draghi, quello più gettonato nelle ultime settimane, divide gli analisti. “Se fosse eletto, per la prima volta nella storia ci sarebbe un passaggio diretto da Palazzo Chigi al Quirinale e farebbe nascere dei dubbi sulla stabilità del governo, poiché i successori di Draghi potrebbero avere difficoltà a ottenere lo stesso sostegno della maggioranza all’interno del frammentato parlamento italiano” spiega Capuano. Produce incertezza dice invece Filippo Taddei, Executive director di Goldman Sachs.
“L’elezione del Primo ministro Draghi alla Presidenza della Repubblica rafforzerebbe il legame dell’Italia con l’Europa, ma la nomina provocherebbe incertezza riguardo al nuovo governo e alla sua efficacia politica”, spiega Taddei. “Dati gli interessi divergenti tra i partiti in Parlamento e il tempo che di solito è necessario per formare un nuovo governo, siamo preoccupati per il fatto che questo scenario possa comportare un ritardo nell’attuazione del Recovery plan e delle relative riforme. Inoltre, nell’improbabile eventualità che la presidenza di Draghi avvii elezioni generali anticipate, la continuità politica sarebbe gravemente compromessa, indebolendo l’impegno dell’Italia nei confronti del Recovery plan”.
A differenza di Goldman Sachs invece Citigroup punta su Draghi. Con lui Presidente della Repubblica, dicono gli analisti, ci sarà garanzia di ancoraggio europeo e approvazione delle riforme con qualunque futuro governo.
Alla luce dell’elevata incertezza, comunque, non si possono escludere altri scenari, come l’elezione di un candidato diverso da Draghi o la rielezione di Sergio Mattarella. “In entrambi i casi è probabile che Draghi rimanga come Primo ministro e continui a fare progressi con il piano. Lo sforzo di riforma, però, potrebbe comunque perdere un po’ di slancio visto l’approssimarsi delle elezioni del 2023”, continua Capuano. “Questo perché i partiti politici che sostengono il suo governo potrebbero decidere di allontanarsi dal processo decisionale durante i mesi della campagna elettorale, proponendo scelte alternative con l’obiettivo di ottenere voti. Questo pregiudicherebbe, in una certa misura, l’attuazione delle riforme richieste per il Pnrr”.