‘Manina’ Di Maio fa scoppiare crisi governo, mentre Ue affossa manovra. Moscovici gela Italia: ‘Resto fino novembre 2019’
L’alta tensione è duplice ed è tutta riflessa nello spread che continua a correre dalla giornata di ieri, sfondando volando fino a 340 punti base, a fronte di tassi sui BTP decennali che balzano fin oltre il 3,8%. Gli investitori non scontano solo la lettera con cui l’Ue ha chiesto all’Italia di fornire chiarimenti sulla legge di bilancio entro il prossimo lunedì 22 ottobre: notizia di per sé già pesante, visto che potrebbe precedere, nel caso in cui Roma rimanesse ferma sulle proprie posizioni, l’avvio di una procedura di infrazione, contro una manovra che presenta “una deviazione senza precedenti” rispetto alle regole del Patto di stabilità e crescita.
I mercati temono anche l’ennesima crisi di governo italiana, che si è aperta negli ultimi giorni con le accuse del vicepremier pentastellato Luigi Di Maio su una “manina” che avrebbe manipolato il testo del decreto fiscale, laddove disciplina la pace fiscale, allargando in questo modo le maglie del condono.
Sembra, stando ad alcune fonti, che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si sia irritato della tensione tra il M5S e la Lega al punto tale da minacciare le dimissioni, per poi decidere di riprendere in mano la situazione.
Più che in rotta di collisione con l’Ue, il governo M5S-Lega è in rotta di collisione con se stesso. Se le accuse di Di Maio sulla manipolazione del testo della pace fiscale sono state in qualche modo controllate, quelle del suo M5S sono state decisamente più aggressive.
Secondo i cinque stelle, di fatto, i registi di quella manina che ha stravolto il testo – garantendo proprio quei condoni contro cui il M5S si è opposto sempre strenuamente nella sua storia politica – sarebbero i leghisti Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e anche numero due della Lega, e il suo collega Massimo Garavaglia, viceministro dell’Economia e delle Finanze.
A tal proposito, intervistato da La Repubblica, netta è stata la risposta di Giorgetti.
“Io sono una persona per bene. Non consento a nessuno di alludere a complotti e trame oscure, con dichiarazioni così scomposte. Se si continua ad attaccare chi prova a tenere in piedi la baracca, il governo non andrà molto lontano. Spero Luigi Di Maio ci vada davvero, in procura. Scoprirà che la famosa “manina” è in casa loro. Ma occhio, così loro si vanno a schiantare”.
“Per dieci giorni – ha spiegato Giorgetti – al ministero dell’Economia è stato discusso il passaggio della cosiddetta pace fiscale relativo alla dichiarazione integrativa. Ne hanno parlato approfonditamente i nostri Bitonci e Garavaglia con la viceministra del M5S Castelli. Poi il presidente Conte con Salvini e Di Maio, nel vertice che precede il Consiglio dei ministri di lunedì, decidono di porre un limite di 100mila euro e la norma è stata formulata nella sua interezza, nel testo che conoscete tutti”.
“Sarebbe stato assurdo – ha continuato – non concedere l’ombrello di non punibilità per reati fiscali a chi accetta di venire allo scoperto e pagare”.
E sulla manina: “E no. Io ho seguito i lavori fino all’approvazione dell’articolo 6. La norma contestata è contenuta all’articolo 9. E lì non so cosa sia successo, non c’ero e non sono stato io a redigere il verbale. Non so chi lo abbia fatto. Da quel che mi è stato riferito il decreto è stato approvato dopo che il premier Conte ha supervisionato il testo apportando le modifiche ritenute necessarie”.
In questa situazione, si può sicuramente dire, il sodalizio M5S-Lega è ai suoi minimi storici, tra l’altro proprio quando l’Italia corre il rischio che l’Ue, dopo la lettera di richiamo consegnata personalmente ieri dal Commissario Ue agli Affari economici e monetari Pierre Moscovi al ministro dell’economia Giovanni Tria, dia il via a una procedura di infrazione.
Per evitare un tale scenario si sarebbe messo in moto anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che starebbe premendo per il dialogo. Di questo avrebbero parlato ieri con lo stesso Moscovici, che ha fatto una visita di cortesia al Quirinale.
MOSCOVICI FRANTUMA SPERANZE ITALIANI: CI SARO’ ANCHE PER PROSSIMA MANOVRA
Intanto proprio Moscovici, che anche oggi è a Roma, frantuma le speranze di chi lo vede già fuori dai giochi, a causa dell’imminente appuntamento delle elezioni europee del 2019. Lui non andrà via nella primavera del 2019, ha chiarito, ma nel novembre del 2019. Il che significa che continuerà a fare il guardiano sui conti italiani anche nella manovra che sarà presentata l’anno prossimo, a novembre del 2019.
“Contrariamente a quello che leggo su stampa italiana io non finirò a maggio, io ci sarò fino al novembre del 2019, ovvero per questa manovra ma anche per quella successiva”. Riguardo alle elezioni europee del 2019, “penso che i filo europei avranno la maggioranza nel prossimo Parlamento europeo, peso che la prossima commissione europea sarà come tutte quelle che l’hanno preceduta”.
Di fatto, così si legge nel sito dell’Unione europea, in merito al mandato dei commissari Ue. In merito al presidente della Commissione Ue (al momento Jean-Claude Juncker), “il candidato viene presentato dai leader nazionali nel Consiglio europeo, tenendo conto dei risultati delle elezioni del Parlamento europeo. Per essere eletto deve ottenere il sostegno della maggioranza dei membri del Parlamento europeo”. A quel punto “il candidato presidente sceglie i potenziali vicepresidenti e commissari sulla base dei suggerimenti dei paesi dell’UE. L’elenco dei candidati deve essere approvato dai leader nazionali nel Consiglio europeo. Ogni candidato compare dinanzi al Parlamento europeo per illustrare la propria visione politica e rispondere alle domande. Il Parlamento procede quindi ad approvare o meno, mediante votazione, i candidati in quanto gruppo. Infine, questi ultimi vengono nominati dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata. Il mandato dell’attuale Commissione scade il 31 ottobre 2019″
Nella lettera Ue, firmata dallo stesso Moscovici e dal numero due della Commissione europea, il vicepresidente Valdis Dombrovskis, si legge che la deviazione (della manovra M5S-Lega) rispetto alle regole del Patto di stabilità e di crescita è “senza precedenti”. Moscovici ha chiarito il contenuto della lettera, in una intervista a Corrado Formigli prevista per la trasmissione Piazza Pulita su La7:
“Gli italiani sono liberi nelle loro scelte democratiche e la Commissione non è qui per proporre una contromanovra. Ma con la nostra lettera chiediamo al Governo che la manovra si avvicini alle regole europee, perchè non può restare al 2,4% di deficit e con uno scarto del deficit strutturale di un punto e mezzo. Questo non è possibile, chiediamo una correzione. E la chiediamo attraverso un dialogo costruttivo”.
“Capisco che siano state fatte delle promesse e non le giudico – ha continuato Moscovici nell’intervista, che è stata riportata dall’agenzia di stampa Askanews – Che si tratti del reddito di cittadinanza, dello sviluppo delle infrastrutture, di agire contro la povertà che si tratti di pensioni. Io rispetto tutto, ma non vedo contraddizione fra mantenere le promesse e rispettare le regole dell’Unione europea. In Europa abbiamo governi di destra, di centro, di sinistra, ma tutti sono tenuti al rispetto del quadro comune. E poi è nell’interesse dell’italia contenere il suo deficit. Perchè se aumenta il deficit aumenta il debito e alla fine chi è che paga? Il popolo. E sono soprattutto i giovani quelli che vedranno sacrificato il proprio futuro. il mio messaggio al vostro governo quindi è questo: rispetto le vostre promesse, ma rendetele compatibili con le nostre regole”.
Così, stamattina, ad Agorà su Rai Tre, Moscovici è tornato a parlare:
“Il nostro potere non è quello di bocciare una manovra ma, se necessario, di richiedere, laddove non siamo d’accordo, che questa manovra venga presentata di nuovo, con delle modifiche. Ancora non siamo a questo livello. Siamo ancora in una fase assolutamente precedente della procedura, che è quella dello scambio”.