Previsioni troppo ottimistiche sulle entrate fiscali? Il caso Spagna preoccupa l’Fmi
Sono ormai settimane, se non mesi, che l’Italia rimane osservata speciale non solo di Bruxelles ma di tutto il mondo, per il rischio contagio – snobbato da alcuni, considerato da altri – che potrebbe rappresentare nel caso in cui non riuscisse a trovare un accordo con l’Unione europea sulla legge di bilancio.
Pochi giorni fa, tuttavia, un altro dei cosiddetti paesi della periferia dell’Eurozona, è tornato a catalizzare l’attenzione degli operatori, in particolare per una nota con cui il Fondo Monetario Internazionale ha illustrato i suoi punti di forza, ma anche di debolezza: la Spagna.
L’Fmi ha avvertito Madrid sul rischio di abbandonare la strada delle riforme e di aumentare così gli squilibri di bilancio.
LFmi si è concentrato sulla necessità di continuare a mettere in sicurezza i conti pubblici del paese, facendo riferimento in tal senso alle stime ottimistiche del governo e al rischio, in particolare, che l’outlook sulle entrate fiscali sia stato gonfiato (non intenzionalmente, ma per semplici errori di calcolo).
C’è da dire infatti, come scrive Daniele LaCalle, economista spagnolo e gestore di fondi, autore di diversi bestsellers come “Life in The Financial Markets” e collaboratore frequente di Cnbc, Bloomberg, Cnn e Wall Street Journal, che l’errore che Madrid commette in media quando stila le proprie previsioni sulle nuove entrate che prevede di incassare, è decisamente significativo, pari a 5,8 miliardi di euro l’anno: è questa la somma che, come mostra il grafico, la Spagna tende a sovrastimare in termini di entrate tributarie ogni anno, rispetto a quelle che poi effettivamente incassa.
Sono stati tra l’altro gli stessi ispettori del Tesoro spagnolo ad avere avvertito anni fa, praticamente nel gennaio del 2015, che “sarebbe molto interessante, da parte di chi continua a citare questi numeri impressionanti sulle entrate, rendere noti gli studi su cui basa il proprio outlook”.
LaCalle fa notare che, in quello che può essere considerato il suo primo avvertimento diplomatico, Washington è ben consapevole del fatto che Madrid non dispone di uno spazio di manovra fiscale che può utilizzare per aumentare il proprio deficit: l’avvertimento è dunque contro una politica di deficit e di spese pur realizzata in un periodo di crescita, in quanto essa renderebbe poi più necessari tagli pesanti improntati all’austerity nel caso nel momento in cui il ciclo economico cambiasse.
Allo stesso tempo, fa notare l’Fmi lanciando un altro alert, i governi tendono spesso ad alzare le tasse per coprire le spese: tuttavia, avverte l’istituzione, una tale strategia potrebbe finire per causare distorsioni e avere un impatto negativo sulla crescita. Studi empirici che arrivano da più di 200 paesi e che vengono riportato dal Fondo hanno mostrato di fatto che “un incremento delle tasse dell’1% del Pil nei periodi di consolidamento fiscale tende a provocare una flessione del Pil dell’1% nell’arco di otto trimestri”.
Di conseguenza, il consiglio non è solo quello di evitare aumenti della spesa pubblica e del deficit, ma anche di star ben lontani dall’idea di aumentare le tasse.
Sul deficit-Pil Madrid ha chiesto di far salire il suo rapporto deficit-Pil dall’1,3% concordato fino all’1,8% comunque in flessione rispetto al 2,5% previsto per quest’anno, come riporta anche Il Sole 24 Ore. Così Il Sole in un articolo di qualche giorno fa:
“La Spagna appare effettivamente un paese virtuoso: ha ridotto il suo deficit a tappe forzate dal 10,5% del 2012, e solo due anni fa, nel 2016, aveva un disavanzo del 4,5 per cento. Austerity? Non sembra, dal momento che la crescita ha raggiunto nel 2015 un ritmo massimo del 3,4%, senza poter contare su una svalutazione. Anche prima della Grande recessione, del resto, il paese aveva mostrato grande attenzione ai conti pubblici, chiudendo alcuni esercizi in surplus (2,2% del pil nel 2006!). Il suo debito è inoltre in lento calo dal 100,4% del 2014″.