Tria e Salvini: deficit e debito scenderanno. CSC lancia alert fuga capitali e rischio tasse più alte in futuro
Il ministro dell’economia Giovanni Tria parla in occasione del convegno del Centro Studi di Confindustria, dove è avvenuta la presentazione degli Scenari economici. Tria cerca di rassicurare nuovamente l’Unione europea in merito alla bontà della legge di bilancio su cui il governo M5S-Lega sta lavorando. Diverse le dichiarazioni, con cui il titolare del Tesoro conferma anche le indiscrezioni riportate stamattina dai quotidiani, sulla decisione dell’esecutivo di mantenere invariato il target sul deficit al 2,4% nel 2019, per poi però scendere nei due anni successivi (inizialmente era stato comunicato che quel target sarebbe rimasto in essere per tutti e tre gli anni) .
In evidenza si mettono tuttavia gli alert lanciati dal Centro Studi di Confindustria, che tra l’altro taglia anche le stime sulla crescita del Pil del 2019 a un rialzo +1,1% nel 2018 e a +0,9% nel 2019. Rispetto ai calcoli di giugno, il taglio è di 0,2 punti per entrambi gli anni.
Gli analisti non mancano di ribadire la priorità di mettere in sicurezza i conti pubblici:
Occorre avviare “un percorso di rientro del debito pubblico italiano, dopo quattro anni persi, attraverso misure che incidano sulla dinamica del Pil”. Un tale percorso “è cruciale per rassicurare i risparmiatori che investono nel debito pubblico del Paese, cioè i mercati finanziari, evitando che i primi segnali già osservati di uscita di capitali esteri e domestici dall’Italia si possano trasformare in un pericoloso trend”.
La manovra viene considerata “imponente”, il che significa che, in assenza di coperture “ben definite si rischia, ex post, un rapporto deficit/Pil più alto”, anche rispetto al 2,4% stabilito come target dal governo M5S-Lega nel Def.
I tre rischi all’orizzonte per l’Italia vengono identificati dal CSCS 1) in un eventuale nuovo aumento dello spread, 2) nella decisione dell’Ue di avviare una procedura di infrazione e, come paventato poche ore fa dagli analisti di Goldman Sachs, nel 3) rischio di un downgrade dell’Italia da parte delle agenzie di rating.
Un altro allarme del Centro Studi di Confindustria non passa di certo inosservato: è quello secondo cui gli italiani rischiano di pagare più tasse in futuro, nel caso in cui alcune misure di sostegno al reddito, come appunto il reddito di cittadinanza, diventassero strutturali.
“L’aumento del deficit serve per avviare parti del contratto di governo di sostegno al welfare, misure molto difficili da cancellare se non in situazioni emergenziali. Ciò potrebbe portare a più tasse in futuro e ad aumentare il tasso di risparmio già oggi, limitando la crescita dei consumi”.
In generale, motivando la decisione di tagliare l’outlook sul Pil italiano, gli economisti rilevano che il downgrade si giustifica con le attese di un Pil più debole nel secondo trimestre del 2018 e da una revisione al ribasso dell’espansione stimata per il secondo semestre di quest’anno:
“Si sono, infatti, indebolite le condizioni per la crescita, interne ed esterne, rispetto allo scenario delineato a giugno”. chiarisce il Csc, citando come fattori di rischio l’aumento dei rendimenti dei bond governativi italiani e la minore crescita degli scambi commerciali globali.
Per il CSC altri rischi al ribasso che possono incidere più direttamente sulla dinamica del Pil italiano, soprattutto nel 2019, sono: “l’eventuale impatto restrittivo sui bilanci di imprese e famiglie a seguito dell’ormai prossima fine della politica monetaria iper-espansiva della Bce; l’epilogo degli incentivi sugli acquisti di beni strumentali; un’eventuale diminuzione della fiducia dei mercati sulla sostenibilità dei conti pubblici italiani, legata all’incertezza sulle scelte di politica economica del nuovo governo, che verranno definite nella Legge di bilancio in ottobre”.
“Potrebbe accentuarsi – si legge tra l’altro nel rapporto – l’aumento del rendimento del Btp decennale, già cresciuto al 3,15 per cento (da 2,89) il giorno dopo il Consiglio dei ministri del 27 settembre. Questo peggiorerebbe le condizioni del credito per famiglie e imprese e il costo per la finanza pubblica”.
Viene sottolineata anche l’importanza di non rottamare la riforma Fornero sulle pensioni: “Sarebbe cruciale non fare retromarcia rispetto alle riforme pensionistiche degli scorsi anni”, in quanto un sistema come quello italiano “dove i contributi di chi lavora servono ogni anno a pagare le pensioni di chi si è ritirato dalla vita attiva” renderebbe necessario “un aumento del già elevato prelievo contributivo sul lavoro”.
Dunque “è opportuno evitare passi indietro pericolosi rispetto a quel processo di riforma del sistema pensionistico in atto dal 1992, che ha reso la spesa previdenziale italiana sostenibile nonostante l’invecchiamento della popolazione”. Una posizione che viene ricalcata poi dallo stesso presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che esprime riserve sulla proposta di quota 100 per la riforma delle pensioni:
“Non è automatico che se si esce a quota 100 entrano i giovani – afferma – aggiungendo che servirebbe un grande piano d’inclusione dei giovani”.
Ma il governo M5S-Lega mostra tutta l’intenzione di andare avanti, se si considerano le parole di Matteo Salvini: “Superare la legge Fornero è una priorità mia, della Lega e del governo. Restituire il diritto alla vita e alla pensione a centinaia di migliaia di lavoratori, liberando quei posti di lavoro per i giovani, è un mio dovere morale. Confindustria, Inps e burocrati europei alla fine del percorso ci daranno ragione”. Allo stesso tempo, così come il ministro Tria, anche Salvini sottolinea che “l’anno prossimo debito e deficit scenderanno”.
“Quest’anno volevamo mantenere una parte dei sacri impegni presi con gli italiani – spiega il ministro dell’Interno e leader leghista – Smontare pezzo per pezzo la legge Fornero: con quella legge uno passava direttamente dal posto di lavoro alla tomba. Sono un investimento per il lavoro: l’anno prossimo il debito scenderà perché gli italiani cominceranno a spendere i soldi”.