Chiusure domenicali, UPB: con liberalizzazione effetti positivi su occupazione
La domenica vede un afflusso considerevole di persone che si dedicano agli acquisti anche se di entità minore di quelle rilevate negli altri giorni della settimana, risentendo anche della minore quantità di esercizi commerciali aperti. Lo dice in audizione informale presso la Commissione Attività produttive della Camera il Presidente dell’UPB, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, Giuseppe Pisauro secondo cui la liberalizzazione ha portato benefici sull’occupazione.
UBP: con liberalizzazione orari effetti positivi su occupazione ma non su vendite e prezzi
Secondo Pisauro, la quantificazione empirica del possibile impatto macroeconomico della proposta di legge del governo sulla disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali, con le chiusure domenicali, è assai incerta. I motivi sono diversi. In primo luogo non vi sono molti casi passati di modifiche legislative simili in Italia, per cui occorre stimare impatti che tengano conto anche delle esperienze di altri paesi. Inoltre i precedenti storici sono in gran parte in direzione della liberalizzazione, per cui occorre ipotizzare che la restrizione porterebbe a effetti simmetrici rispetto alla liberalizzazione e in più i dati utilizzati per le stime si riferiscono a un periodo in cui le vendite via internet erano poco o per nulla sviluppate, mentre oggi la possibile sostituibilità con il canale on line sarebbe verosimilmente elevata. Con tutte queste cautele, l’UPB ha effettuato una stima econometrica sugli effetti delle riforme dell’orario di apertura degli esercizi commerciali, attuate negli ultimi 20 anni dai maggiori paesi avanzati. In linea con la letteratura disponibile, l’analisi conferma che nella media dei paesi OCSE le passate liberalizzazioni degli orari di apertura degli esercizi commerciali hanno avuto impatti positivi sull’occupazione, mentre quelli sulle vendite e sui prezzi non sono statisticamente significativi. Da ultimo per quanto riguarda la riforma effettuata in Italia nel 2011,dal governo Monti che ha introdotto la liberalizzazione, dice Pisauro, si riscontra un effetto espansivo sull’occupazione, più forte rispetto a quello medio associato alle riforme in altri paesi, come la Francia, la Germania e la Finlandia.
Associazioni consumatori sul piede di guerra contro il governo
“In Italia ci sono 1.200 centri commerciali, con 2 miliardi di presenze ogni anno. Siamo una grande rete di scambi commerciali con 51 miliardi di volume d’affari al netto dell’IVA. Escludendo la componente occupazionale, partecipiamo al 3,5% del PIL del Paese”. Così, sempre in audizione alla Camera, Massimo Moretti, Presidente del Consiglio nazionale dei centri commerciali. Chiudere la domenica significherebbe perdere questi consumi, o dirottarli sull’online dice, Tra l’altro, ha concluso il Presidente del Consiglio nazionale dei centri commerciali – il 26% dei 35mila negozi sono piccoli commercianti, famiglie che gestiscono direttamente quel punto vendita, quindi 9mila negozi di persone che vivono di quella singola attività sarebbero fortemente a rischio”.
Apertamente contro le chiusure domenicali il Condacons. “Dopo l’Istat anche l’Ufficio parlamentare di bilancio diffonde dati da cui si evidenzia come un eventuale divieto alle aperture domenicali dei negozi rappresenterebbe un madornale errore per il commercio e per l’economia italiana” così l’associazione dei consumatori dalle parole del presidente Carlo Rienzi. “Pochi giorni fa l’Istat ha certificato un incremento negli ultimi anni del numero di consumatori che acquistano la domenica – spiega Rienzi – Ora l’Upb ha confermato tali dati, parlando di un incremento dell’occupazione direttamente connessa alla liberalizzazione degli orari commerciali. Disporre le chiusure domenicali dei negozi, quindi, rischia non solo di danneggiare il commercio, spostando i consumi verso l’e-commerce, ma anche di avere ripercussioni sull’occupazione, tagliando preziosi posti di lavoro indispensabili per mantenere gli esercizi aperti la domenica e nei giorni festivi” conclude. Sulla stessa linea anche Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “La liberalizzazione degli orari commerciali in Italia ha avuto, secondo le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio, un effetto espansivo sull’occupazione. Non c’è stato, invece, nessun effetto statisticamente significativo sul volume delle vendite e sui prezzi”. “Vengono confermati i dati della grande distribuzione, ossia che la liberalizzazione delle aperture domenicali non ha determinato lo sfruttamento del lavoratore, bensì più occupazione e contratti part time verticali” afferma Dona. “E’ il colmo, quindi, che il ministro del Lavoro, invece di preoccuparsi di come aumentare gli occupati, sponsorizzi una legge per ridurli, chiudendo i negozi” prosegue Dona. “Ma la maggiore mobilità dei consumatori, favorita da una diversificazione delle aperture e dal fatto che non tutti i negozianti aprono la domenica, ha consentito un risparmio per le famiglie, pur senza una variazione significativa dei prezzi. E’ il cliente, insomma, che la domenica cerca il negozio con il pezzo più basso, più che il commerciante che, grazie alle aperure domenicali, ha abbassato i prezzi” conclude Dona.