Censis: crisi 2008 ha insinuato negli italiani la paura a investire nonostante liquidità record
L’eredità quella della crisi economica del 2008 fa ancora sentire a 10 anni di distanza con gli italiani frenati da paura e rancore. Il Censis nella ricerca “Miti del rancore, miti per la crescita: verso un immaginario collettivo per lo sviluppo”, condotta in collaborazione con Conad, fotografa un’Italia frenata da aspettative decrescenti, diseguaglianze sociali, paura di scendere nella scala sociale che hanno generato la società del rancore, una società frammentata, debole, chiusa, regressiva che ha rinunciato a consumi e investimenti.
Dalla ricerca presentata oggi a Roma emerge una grande nostalgia del passato (7 italiani su 10 sostengono che si stava meglio prima) e l’incapacità di investire nel proprio futuro. Tra le ragioni spiccano la bassa natalità (dal 1951 a oggi si sono persi 5,7 milioni di giovani), la progressiva scarsità di reddito (rispetto alla media della popolazione, le famiglie giovani, con meno di 35 anni, hanno un reddito più basso del 15% e una ricchezza inferiore del 41%), la crisi sociale allo smarrimento della cultura del rischio personale.
Il 95% degli italiani è convinto che per fare strada nella vita occorra conoscere le persone giuste, oppure provenire da una famiglia agiata (l’88% rispetto al 61% dei tedeschi, il 54% degli inglesi, il 44% dei francesi, il 38% degli svedesi) o avere fortuna (il 93% rispetto all’89% dei tedeschi, il 77% dei francesi, il 69% degli svedesi e il 62% degli inglesi).
Liquidità balza a oltre 900 miliardi, ma poca voglia di investire sul futuro
Eppure, nell’ultima fase della recessione e nella timida ripresa congiunturale gli italiani dispongono di una liquidità totale di 911 miliardi di euro (cresciuta di 110 miliardi tra il 2015 e il 2017), pari al valore di un’economia che, nella graduatoria del Pil dei Paesi europei post-Brexit, si collocherebbe dopo Germania, Francia e Spagna. Insomma, l’Italia ha smarrito la capacità di guardare avanti e si limita a utilizzare le risorse di cui dispone senza tuttavia seguire un preciso programma. Lo dimostra anche l‘incidenza degli investimenti sul Pil, scesa al 17,2%, che colloca l’Italia a distanza dalla media europea (21,1%), da Francia (23,5%), Germania (20,1%) e Spagna (21,1%).
“Malanimo, fastidio per gli altri, soprattutto se diversi, e tante paure: ecco l’immaginario collettivo degli italiani oggi, in cui ogni sfida è percepita come una minaccia, mai come una opportunità. L’opposto dei miti, dei sogni e dei desideri dell’Italia dello sviluppo, della ricostruzione e del miracolo economico: un progresso sociale interrotto dalla grande crisi del 2008”, afferma il Direttore generale del Censis Massimiliano Valerii.