Quirinale, il countdown verso il voto e un rischio “inedito” per i mercati finanziari
Meno dieci. Il conto alla rovescia per il voto al nuovo Presidente della Repubblica italiano in programma dal 24 gennaio è partito ufficialmente e i mercati finanziari guardano per la prima volta a questo evento con grande interesse. I motivi sono svariati, quello principale è che il candidato più accreditato, e cioè Mario Draghi, attualmente occupa il ruolo di primo ministro e il suo spostamento al Quirinale potrebbe nella peggiore delle ipotesi portare anche il Paese alle elezioni prima della deadline naturale fissata al 2023. Ad analizzare il tema è un report di BG Saxo.
L’interesse degli investitori
Di solito si tratta di un non evento. Ma, stavolta, intorno all’elezione del nuovo presidente della Repubblica italiana c’è un interesse maggiore. Sergio Mattarella, che può beneficiare di un altro mandato, non si candiderà e si dimetterà il 3 febbraio. L’attuale premier Draghi è il capofila a succedergli. Ciò porterebbe ad elezioni anticipate e verso un nuovo periodo di instabilità politica per l’Italia, nel momento peggiore di sempre. Questa è sicuramente la prima volta nella storia recente che le elezioni presidenziali italiane sono economicamente rilevanti. Un evento di potenziale rischio per i mercati finanziari.
L’apertura di Draghi al Colle
Non ci sono candidati ufficiali alle elezioni presidenziali italiane. I parlamentari di entrambe le Camere, insieme ai rappresentanti regionali, votano a scrutinio segreto: possono votare per chiunque purché siano cittadini italiani e di età pari o superiore a 50 anni. In passato sono saltati fuori nomi come quelli di personaggi famosi. L’elezione richiede una maggioranza di due terzi al primo turno e una maggioranza assoluta nei turni successivi se il consenso è difficile da raggiungere. Negli ultimi mesi, Draghi è stato lanciato come capofila. Il 22 dicembre ha, per la prima volta, dato la sua disponibilità.
Gli altri candidati in lizza
Altri potenziali candidati sono l’attuale ministro della giustizia ed ex giudice alla Corte costituzionale Marta Cartabia e tre ex premier (Romano Prodi, Paolo Gentiloni e Silvio Berlusconi). Solo Berlusconi è apertamente interessato alla carica. La storia ci insegna che la maggior parte di questi nomi citati prima del voto sono lì per essere bruciati, ad eccezione di Draghi e forse Berlusconi che hanno una capacità di raccogliere voti senza pari. La gara è quindi spalancata e potenzialmente ricca di sorprese.
Le mosse dei partiti
La scorsa settimana Giuseppe Conte, leader del Movimento Cinque Stelle che è il gruppo più numeroso in parlamento, ha indicato la sua preferenza per una donna come nuovo presidente italiano. Cartabia, in teoria. Una conquista per un Parlamento in cui il 65% degli eletti sono uomini. È una mossa strategica anche per Conte. Secondo gli ultimi sondaggi, il suo partito andrebbe incontro a una schiacciante sconfitta in caso di elezioni anticipate. Altri due partiti sono contrari all’opzione Draghi: Forza Italia di Berlusconi e la Lega di Matteo Salvini. Altri sono indecisi: Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, Partito Democratico di Enrico Letta e Italia Viva di Matteo Renzi. La maggior parte dei leader politici italiani preferirebbe un’altra opzione rispetto a Draghi. Gli investitori preferirebbero che Draghi restasse in carica anche fino alla fine del suo mandato. Ma non c’è consenso su un altro nome, per il momento. Per fortuna è ancora presto.
I meriti del premier
Draghi ha portato stabilità politica in Italia. Sta affrontando bene la crisi sanitaria e le sue conseguenze. Ha anche completato l’avvio del complesso processo di definizione dei progetti e il raggiungimento degli obiettivi iniziali e degli obiettivi di riforma per accedere ai fondi nell’ambito del pacchetto di ripresa Next Generation EU. L’Italia è il maggior beneficiario. A breve dovrebbe ricevere il primo pagamento su un totale di 191,5 miliardi di euro (sia prestiti che sovvenzioni).
Un lavoro da finire
Ma c’è altro da fare. Draghi non ha ancora avuto il tempo di affrontare i problemi strutturali dell’economia italiana. Il rallentamento della produttività è uno di questi. I dati dell’OCSE mostrano che le aziende italiane con meno di 10 dipendenti, che costituiscono una grossa fetta del modello di business italiano, hanno livelli di produttività del lavoro inferiori rispetto a quelle estere. In media, il valore aggiunto per dipendente nelle aziende italiane rispetto alle aziende tedesche è inferiore del 35% in Italia rispetto alla Germania.
Il futuro del Paese
Alcune possibili cause della scarsa produttività dell’Italia sono il basso livello di spesa per la ricerca (1,4% del PIL nel 2018 contro il 2,4% della media dei paesi OCSE secondo gli ultimi dati disponibili) unito a investimenti insufficienti in istruzione e al ritardo accumulato l’adozione di nuove tecnologie. Al riguardo, gli investimenti individuati dal governo italiano, che saranno finanziati dal pacchetto di ripresa Next Generation EU, potrebbero rappresentare una grande opportunità per aumentare la crescita della produttività del lavoro. Secondo gli esperti di BG Saxo, l’attuazione di questi investimenti richiederà una stabilità politica che solo Draghi può portare.