I robot non ruberanno il lavoro all’uomo: disoccupazione più bassa nei paesi più tecnologici
Uno dei maggiori interrogativi sul futuro del lavoro riguarda l’impatto dell’innovazione tecnologica, in particolare della robotica e dell’intelligenza artificale, sulle mansioni oggi svolte dall’uomo. Il timore è infatti quello che le macchine possano sostituire il personale addetto, generando la cosidetta “disoccupazione tecnologica”. Ma è veramente così?
Raccogliendo alcuni dati dell’International Federation of Robotics, la casa di investimento Invesco ha fornito uno spunto di riflessione alternativo. Si parte dalla considerazione che se fosse vero che i robot ci rubano il lavoro, le economie con una maggiore penetrazione della tecnologia e delle macchine dovrebbero mostrare tassi di disoccupazione più elevati. Ebbene, i dati raccolti mostrano il contrario: i paesi in cui la presenza di robot è maggiore, hanno i tassi di disoccupazione minori.
Come è possibile? “Ho due ipotesi”, spiega Luca Tobagi, CFA Investment Strategist di Invesco. La prima è che la tecnologia abbia un impatto positivo sulla produttività, in particolare del lavoro più costoso e a più alto valore aggiunto. La seconda è che la tecnologia e i robot possano sostituire il lavoro laddove ci sia carenza di offerta. In un esempio banale: non si riescono a trovare tutti gli operai specializzati che servirebbero in Giappone? Li sostituiamo con un robot.
Mentre si aspetta di vedere che cosa accadrà, lo studio conclude con la frase di Steve Jobs: “Baratterei tutta la mia tecnologia per una serata con Socrate”.