Allarme UIF sulle monete virtuali: a uso della criminalità organizzata
Con l’evolversi della società si evolve anche la criminalità organizzata che cerca nuovi strumenti per compiere le sue attività illecite. Fra questi desta particolare attenzione l’utilizzo delle criptovalute che, dice l’Uif, “si prestano anche a utilizzi illeciti o criminali, oltre ad esporre gli utenti a notevoli rischi di frode e perdite di valore”.
Così Claudio Clemente, direttore dell’Unità di Informazione Finanzia per l’Italia di Bankitalia, presentando stamane presso la Banca d’Italia il rapporto 2017. Nel mirino, dice Clemente, Bitcoin & company che si inseriscono a pieno titolo accanto all’uso del contante e all’utilizzo dei paradisi fiscali, nel novero degli strumenti a disposizione della criminalità organizzata per “il reinserimento dei proventi illeciti nell’economia regolamentata”.
“Le valute virtuali si prestano anche a utilizzi illeciti o criminali, oltre ad esporre gli utenti a notevoli rischi di frode e perdite di valore”. Un’elevata criticità – spiega ancora Clemente– “è associata all’utilizzo del contante, specie nel commercio di beni di elevato valore e al ricorso a prodotti emergenti legati alle applicazioni di nuove tecnologie alla finanza (Fintech) quali le valute virtuali e le piattaforme di crowdfunding”.
È importante – dice il numero uno dell’Unità di intelligence finanziaria italiana – che l’economia digitale non diventi una zona franca. Certo l’imperativo, rimarca Clemente, non è trovare norme stringenti, come tale inapplicabili e facilmente aggirabili. Plauso in tal senso al legislatore italiano che anticipando le indicazioni della quinta direttiva antiriciclaggio, ha introdotto una prima forma di regolamentazione degli operatori che offrono servizi relativi alle valute virtuali.
“Criminalità organizzata, corruzione ed evasione fiscale in un intreccio spesso non facilmente intellegibile, si confermano anche nell’esperienza della Uif, le minacce più significative che il sistema antiriciclaggio è chiamato a prevenire ed intercettare nel nostro paese”, dice Clemente.
Quanto vale l’evasione fiscale e l’economia sommersa oggi in Italia
Nel suo intervento Clemente ha anche dato la cifra di quanto oggi vale l’evasione fiscale e l’economia sommersa, ben 190 miliardi di euro. pari all’11,5% del Pil. La relazione della Uif in particolare stima in 87 miliardi di euro, nella media del periodo 2010-2015, il gap tra le imposte effettivamente versate e quelle che i contribuenti avrebbero dovuto versare in caso di perfetto adempimento degli obblighi tributari.
Inoltre Clemente sottolinea anche il calo nel numero di segnalazioni di operazioni sospette alla Uif che sono arrivate a quota 93.820 e con il naturale esaurirsi della voluntary disclosure (scadenza il 2 ottobre 2017), sono arrivate a quota 93.820 che, al netto della voluntary, vedono un +9,7%. “Il primo semestre – afferma il direttore della Uif Claudio Clemente – con 50mila unità conferma la tendenza all’aumento”.