Spread, FABI: banche italiane prede facili di avvoltoi stranieri, dipendenti a rischio svendita
Il sindacato dei bancari FABI avverte, riferendosi alle banche italiane, che “la tensione dello spread e l’incertezza politica italiana rendono gli istituti appetibili per i fondi stranieri”. In un comunicato stampa, l’associazione parla di una “differenza abissale” tra il patrimonio netto e la capitalizzazione in Borsa”, che rende diverse banche contendibili in quanto, oltre a essere a saldo, dopo aver smobilizzato gran parte degli NPL che zavorravano i loro bilanci, ora sono anche risanate.
In realtà, proprio perchè risanate, dovrebbero valere di più in borsa ma, a causa delle speculazioni che si sono abbattute contro l’Italia pochi giorni prima della formazione del governo M5S-Lega, e che si sono tradotte in un forte sell off sui BTP, alla fine a pagare lo scotto sono stati anche i titoli bancari.
Le quotazioni di molte banche sono scese, anche del 20%, e ciò permette che ora gli istituti possano essere acquistati per un valore decisamente inferiore a quanto davvero valgono: se poi la banca viene acquistata dai fondi stranieri, allora per i lavoratori si mette male.
“Agli avvoltoi stranieri interessano i guadagni facili e sono disposti a raggiungere questo obiettivo con spregiudicatezza, tagliando i costi in maniera indiscriminata a danno dei lavoratori“.
La FABI parla così di una situazione “potenzialmente pericolosa per i lavoratori bancari che verrebbero svenduti, trovandosi di fronte a un futuro incerto. Con i cali di borsa, infatti, le banche valgono molto meno del loro capitale, come ai tempi della grande crisi”.
La FABI mette in evidenza anche una importante differenza rispetto al 2011:
“A differenza del 2011, oggi le banche sono tornate a essere redditizie e hanno ripulito i loro bilanci dalle sofferenze. Un quadro assai diverso e dunque più favorevole che rende gli istituti di credito italiani appetibili, soprattutto per i fondi esteri: chi volesse comprare l’industria bancaria italiana la troverebbe risanata e in saldo. Due grandi gruppi come Ubi Banca e Banco Bpm – che valgono circa 20 miliardi di euro – potrebbero essere comprati, stando alle attuali quotazioni, con soli 8 miliardi”.
Di conseguenza, Lando Maria Sileoni, segretario generale della FABI, scrive:
“L’allarme sul fatto che le banche italiane possano diventare prede facili è quindi del tutto giustificato. A noi non interessa, in via di principio, quale sia la residenza degli azionisti delle nostre banche. Sappiamo bene, però, che ai fondi esteri interessano guadagni facili e in tempi brevi. Un obiettivo che gli avvoltoi stranieri sono disposti a raggiungere con spregiudicatezza, anche a danno dei lavoratori, se c’è da risparmiare e da tagliare i costi in maniera indiscriminata. Ecco perché siamo preoccupati“.
Ancora Sileoni:
“Vorrei ricordare che negli ultimi sei anni nel settore bancario europeo sono stati persi 328.500 posti di lavoro dei quali il 70% attraverso licenziamenti di personale. In Italia sono stati persi oltre 40.000 posti di lavoro, ma senza un licenziamento, soltanto attraverso pensionamenti e prepensionamenti volontari”.
La FABI snocciola anche altri numeri su quanto sta accadendo:
“Nell’ultimo mese la caduta media dei titoli bancari è stata di oltre il 20% del loro valore di mercato, proprio mentre lo spread è schizzato da 130-140 punti base fino a sfiorare i 300 punti. Durante la crisi del 2011, per fare un paragone, le banche hanno quotato valori medi del 50% del loro patrimonio netto. Ma all’epoca questi valori depressi erano giustificati dalla redditività bassa o negativa e dal forte carico di sofferenze. Oggi il quadro è diverso: le banche sono tornate a fare utili e sono fortemente calati gli stock di npl (non performing loan) e di accantonamenti. Lo stato di salute ritrovato rischia ora, se lo spread dovesse avere nuove fiammate verso l’alto, di essere mal rappresentato in borsa. Numeri alla mano, emerge una differenza abissale tra patrimonio netto e valore in borsa”.
Insomma, conclude Sileoni:
“Si rischia di consegnare l’industria bancaria, già posseduta oggi per il 60% da fondi stranieri, a qualche grande banca europea. Ma il pericolo non è solo quello di mettere in saldo le nostre aziende bancarie. Con loro verrebbero svenduti anche i lavoratori e il loro futuro. I grandi gruppi stranieri infatti non avrebbero motivo di preoccuparsene. Con una logica a breve termine spremerebbero le banche acquistate solo per farne profitti velocemente. Non possiamo permettercelo”.