Guerra commerciale, Trump prepara nuovo attacco contro Cina. Alert BRI su protezionismo
Nella lista dei pericoli che, secondo la BRI, rischiano di mettere KO l’intera economia mondiale, non poteva mancare il rischio di una escalation della guerra commerciale. L’avvertimento arriva tra l’altro nelle stesse ore in cui il Wall Street Journal riporta nuove indiscrezioni, secondo cui il presidente Usa Donald Trump starebbe pianificando un nuovo schiaffo contro la Cina.
Trump starebbe di fatto valutando l’opzione di imporre “nuove restrizioni agli investimenti cinesi e alle esportazioni di tecnologia in Cina”. Citando fonti vicine ai piani dell’amministrazione Usa, il quotidiano finanziario americano afferma che la nuova mossa tutta protezionistica di Trump dovrebbe essere annunciata entro la fine di questa settimana.
Si tratta di misure “concepite per impedire a Pechino di andare avanti con i piani illustrati nel rapporto “Made in China 2025”, la cui realizzazione è considerata strumentale per trasformare la Cina in un leader globale in 10 tra i settori della tecnologia più importanti, inclusi quello dell’Information Technology, aerospaziale, delle auto elettriche e della biotecnologia.
Nell’ambito di questo obiettivo, il National Security Council e il dipartimento del Commercio Usa stanno creando piani per lanciare controlli “rafforzati” sulle esportazioni, impedendo così che tali tecnologie vengano consegnate nel paese.
Ancora, il dipartimento del Tesoro starebbe stilando regole che vieterebbero a tutte le società partecipate da aziende cinesi per almeno il 25% di acquistare gruppi attivi “nel campo della tecnologia a utilizzo industriale”.
A tal proposito Reuters, che ha confermato quest’altra misura, citando un funzionario dell’amministrazione Trump informato sulla questione, precisa che la quota del 25% potrebbe essere soggetta a cambiamenti prima dell’annuncio delle nuove restrizioni, atteso per la giornata di venerdì, 22 giugno.
La pubblicazione delle indiscrezioni ha messo immediatamente in allarme l’azionario globale, tramortito già da precedenti annunci.
Lo scorso 15 giugno, l’amministrazione Trump ha reso nota l’intenzione di imporre dazi doganali del 25% su prodotti cinesi per un valore complessivo di $50 miliardi. Dopo qualche giorno appena, il 18 giugno, Trump ha rivelato di aver chiesto allo United States Trade Representative di identificare beni cinesi per un valore di $200 miliardi, a cui apporre tariffe punitive potenziali del 10%.
Non è mancata la minaccia di ritorsione cinese, con il ministro del Commercio che ha risposto affermando che, se gli Usa pubblicheranno una lista di dazi aggiuntivi, la Cina risponderà nel modo adeguato.
In questo contesto, arriva l’allarme della BRI che, in una nota, scrive che “ci sono già segnali che dimostrano come l’aumento dell’incertezza provocato dalle prime misure protezionistiche, e il tono degli attacchi verbali tra i paesi (coinvolti), abbiano inibito gli investimenti”.
L’economia globale – continua la BRI – può riuscire a “navigare le acque agitate” dei rischi ma, “anche in questo caso, quasi inevitabilmente, con il sostegno di condizioni finanziarie favorevoli, gli squilibri e soprattutto il debito pubblico potrebbero salire ulteriormente” dopo aver testato “i massimi dal dopoguerra”.
A lanciare l’allarme sul pericoli di una guerra commerciale Usa-Cina e del protezionismo, è poi lo stesso numero uno della BRI Agustin Carstens, intervistato da Reuters:
“Stiamo entrando in una dinamica pericolosa, in cui questo tipo di questioni (protezionistiche) sta iniziando a produrre effetti collaterali sui mercati valutari e sui flussi finanziari”.
“Potremmo dare il via a una spirale molto pericolosa -avverte Carstens – che, a un certo punto, davvero finirebbe per influenzare la crescita dell’economia globale e la stabilità finanziaria”.
Carsten rivela anche che, comunque, secondo lo scenario di base della BRI l’escalation delle tensioni commerciali sarà evitata, e l’economia globale continuerà a migliorare. Tanto da avallare il percorso di normalizzazione dei tassi da parte delle banche centrali.
“La Federal Reserve continuerà ad alzare i tassi di interesse Usa, e altre banche centrali importanti, come la Bce, ridurranno i programmi di stimoli. Anche se è importante, aggiunge, che “la normalizzazione proceda gradualmente”.