Argentina: torna lo spettro default, chiesto all’Fmi sostegno finanziario
In Argentina torna lo spettro della crisi del 2001, quando il paese fu costretto a dichiarare default sul suo debito pubblico. La terza economia dell’America Latina, dietro a Brasile e Messico, ha avviato colloqui con il Fondo monetario internazionale (Fmi) per un un sostegno finanziario, di fronte alla continua caduta del peso.
“In maniera preventina, ho deciso di avviare delle discussioni con l’Fmi per una possibile linea di sostegno finanziario”, ha annunciato ieri sera in un discorso alla televisione il presidente argentino Mauricio Macri. In carica dal 2015, Macri ha fatto sapere di aver avuto già un primo incontro con Christine Lagarde dell’Fmi, che ha confermato: “I colloqui sono iniziati con l’intento di lavorare insieme per rafforzare l’economia dell’Argentina e proseguiranno rapidamente”. Il sostegno finanziario non è stato ancora indicato, ma secondo alcune indiscrezioni raccolte dall’agenzia Bloomberg, si parlerebbe di una cifra intorno ai 30 miliardi di dollari.
L’Argentina è afflitta da una inflazione esagerata, con il peso che in un mese ha perso circa il 10 per cento obbligando la banca centrale del paese a intervenire e portare i tassi di interesse al 40%, il livello più alto al mondo. Una mossa per cercare di convincere gli argentini a investire i loro soldi anziché comprare dollari (bene considerato rifugio quando l’inflazione è alta), fermando così la svalutazione. Oltre a questa terapia choc, si è imposta proprio questa settimana un’altra misura: da lunedì le banche sono obbligate a rimettere sul mercato una parte delle loro riserve di biglietto verde, circa 2 miliardi di dollari.
Il paese, che, dopo la caduta dell’economia nel 2016 con un -2,3%, si è risollevata l’anno scorso riportando una crescita del Pil del 2,9%, deve confrontarsi con una inflazione alle stelle: il governo la prevede al 15% quest’anno, ma l’Fmi è più pessimista e la stima al 19,2%. Ieri la Borsa di Buenos Aires ha ceduto oltre il 4%, mentre il peso ha rotto la resistenza dei 23 dollari scivolando a 22,48 dollari. Al momento le tre agenzie di rating Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch non hanno modificato le loro valutazioni sul paese (rispettivamente al gradino B+, B2 e B, con outlook stabile).