L’economia è sempre più digitale. E i Big Data sono il nuovo Eldorado
La quarta rivoluzione industriale – cominciata a fine ’90 con l’introduzione di Internet, continuata con la robotica e, più di recente, con l’intelligenza artificiale – ha trasformato alla radice le nostre vite: nelle economie avanzate siamo quasi tutti connessi e si stima che nei prossimi dieci anni oltre due miliardi di persone che vivono nelle economie emergenti si connetteranno.
Non solo. Come sottolinea in un report – dal titolo L’economia è sempre più digitale – Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer di UBS WM Italy, sempre più spesso, magari senza accorgercene, acquistiamo prodotti digitali (applicazioni, musica, film, eccetera), con l’effetto di accorciare drammaticamente le catene distributive e di riprodurre grandi quantità di dati.
Lo Iot non può attendere
Ma, se la connessione di Internet è già elevata per quanto riguarda gli individui, non lo è ancora per gli oggetti che ci circondano e che, sempre più, verranno connessi, producendo a loro volta ulteriori dati. Questo passaggio avrà innumerevoli applicazioni dall’industria, alla gestione delle città (le cosiddette Smart City dove, per esempio, ogni parcheggio avrà un sensore per segnalare i posti liberi), alla domotica e quant’altro.
Inoltre, come spiega Ramenghi, il ricambio generazionale alimenterà ulteriormente il consumo di dati: “In Asia, per esempio, i Millennial rappresentano il 30% della popolazione, ma costituiscono il 60% della comunità online e il 75% degli utenti ecommerce”, dice lo strategist.
Inoltre, come spiega Ramenghi, il ricambio generazionale alimenterà ulteriormente il consumo di dati: “In Asia, per esempio, i Millennial rappresentano il 30% della popolazione, ma costituiscono il 60% della comunità online e il 75% degli utenti ecommerce”, dice lo strategist.
Finanza 4.0
Naturalmente anche l’industria finanziaria si sta spostando sempre più sul digitale, per ridurre i costi delle attività a minor valore aggiunto e offrire un accesso più rapido e immediato alla clientela. Questo spostamento del settore finanziario verso il digitale è visibile pressoché su tutti i canali di operatività – ovvero pagamenti, investimenti, assicurazioni, prestiti – ma è il canale dei pagamenti quello che ha subito la maggiore rivoluzione.
“Spostarsi verso i pagamenti digitali non comporta solo maggiore velocità e sicurezza delle transazioni, ma anche un forte aumento del volume di dati che possono essere analizzati e utilizzati per migliorare servizi e offerte”, è il commento di Ramenghi.
La miniera dei Big Data
In definitiva, la conseguenza di tutti questi avanzamenti sarà una crescita esponenziale della quantità di dati digitali, che – secondo IDC, leader mondiale nelle ricerche di mercato nel settore dell’innovazione digitale – dovrebbero superare i 44 zettabyte entro il 2020, che significa un aumento di oltre 50 volte rispetto al livello del 2010.
“Anche la ripresa degli investimenti da parte delle aziende dovrebbe sospingere i fatturati delle società attive nella gestione dei dati digitali – aggiunge Ramenghi – Il mercato tiene il fenomeno sott’occhio: le società quotate attive nella gestione dei dati hanno avuto buone performance negli ultimi anni e per i prossimi mesi ci aspettiamo una forte crescita degli utili e potenzialmente un’accelerazione di fusioni e acquisizioni”.
Dal punto di vista degli investimenti, il tema dei dati digitali è destinato, quindi, a offrire opportunità di crescita a lungo termine. “Tuttavia, in un universo che sarà sempre più soggetto a regolamentazione (anche per quanto riguarda la privacy), è fondamentale mantenere un’ampia diversificazione ed evitare eccessive concentrazioni su singoli operatori che potrebbero trovarsi spiazzati da un cambiamento delle normative”, conclude Ramenghi.
Dal punto di vista degli investimenti, il tema dei dati digitali è destinato, quindi, a offrire opportunità di crescita a lungo termine. “Tuttavia, in un universo che sarà sempre più soggetto a regolamentazione (anche per quanto riguarda la privacy), è fondamentale mantenere un’ampia diversificazione ed evitare eccessive concentrazioni su singoli operatori che potrebbero trovarsi spiazzati da un cambiamento delle normative”, conclude Ramenghi.